Un anno fa, l’8 maggio, per la prima volta il Fatto Quotidiano del mercoledì aveva quattro pagine in più dedicate all’economia sotto l’etichetta “Fatto Economico”. Avevamo scelto il mercoledì perché era abbastanza lontano dall’appuntamento tradizionale con gli inserti finanziari (il lunedì) e perché era il giorno in cui le vendite in edicola erano più deboli. Dodici mesi dopo l’obiettivo minimo è stato raggiunto: le vendite del mercoledì sono salite, forse una coincidenza, forse il segnale che arricchire l’informazione economica del Fatto ha incontrato interesse.
C’è stata una naturale evoluzione del Fatto Economico verso il racconto dei poteri forti italiani, perché lì era il vuoto maggiore (praticamente tutti gli altri giornali hanno nell’azionariato i protagonisti delle cronache finanziarie). Poteri forti che si sono rivelati sempre più deboli. Ovviamente non tutti i frequentatori dei salotti, dei patti di sindacato, dei corridoi dei palazzi romani, hanno gradito l’attenzione ricevuta. Parecchi hanno protestato, una minoranza ha minacciato, la gran parte ha capito che un po’ di informazione economica non schierata a priori era nell’interesse di tutti. Inclusi quelli che ne diventavano bersaglio.
Il Fatto ha la fortuna di vivere delle vendite e non di inserzioni, quindi anche la più abituale arma di ricatto (“se continuate vi togliamo la pubblicità, se fate i bravi vi inseriamo nel budget della prossima campagna”) qui non ha grande impatto. Certo, il mercoledì è il giorno delle telefonate, delle lettere di vibrante indignazione, delle dolenti lamentazioni (per fortuna mai delle smentite e quasi mai delle querele). Ma il gioco funziona così. Difficile scegliere tra le tante inchieste e analisi pubblicate qualcosa che riassuma un anno così denso di eventi.
Si possono però ricordare due cose: che nei mesi caldissimi delle nomine pubbliche su queste pagine abbiamo pubblicato notizie e critiche ai boiardi di Stato ben prima che venissero indeboliti dal vento della rottamazione, auspicando rinnovamento non per sfizio ma sulla base dei risultati. Seconda menzione: nella pagina dei commenti del Fatto Economico in questo anno si sono alternati opinionisti molto critici sull’euro e l’Europa (tipo Alberto Bagnai) e altri assai polemici con gli euroscettici (come Fabio Scacciavillani), offrendo una pluralità di punti di vista che speriamo sia stata utile. O almeno interessante.
Twitter @stefanofeltri
Il Fatto Quotidiano, 7 maggio 2014