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Eni, l’assemblea non approva i requisiti di onorabilità. Non c’è il quorum

Il ministro Padoan aveva chiesto ufficialmente che le società pubbliche introducessero nello Statuto una clausola per impedire a manager condannati anche in via non definitiva per reati societari o contro la pa di rimanere al vertice. Soddisfatto l'ad uscente Paolo Scaroni: "Una norma così non ce l'ha nessuno"

L’assemblea degli azionisti dell’Eni non ha approvato l’introduzione nello Statuto sociale di “una clausola di requisiti di onorabilità e connesse cause di ineleggibilità e decadenza dei componenti del Consiglio di amministrazione”, come invece era stato ufficialmente richiesto da ministero dell’Economia e Cassa depositi e prestiti. In sostanza, la lettera inviata a fine marzo dal ministro Padoan agli azionisti delle società statali invitava a mettere nero su bianco che chi è giudicato colpevole (anche solo in primo grado) di reati di carattere societario o contro la pubblica amministrazione non può essere scelto come amministratore di un’azienda pubblica e, se viene condannato mentre è in carica, deve dimettersi. Contro la richiesta si era già espresso l’ad uscente di Eni, Paolo Scaroni, che – causando polemiche – in audizione al Senato aveva fatto notare come per “nessuna società al mondo” sia prevista una norma del genereI soci del Cane a sei zampe, riuniti a Roma per l’approvazione del bilancio, non sono riusciti a raggiungere il quorum di due terzi necessario per l’approvazione, nonostante il 59,45% dei presenti abbia votato a favore. Contrario il 38,93%, mentre l’1,61% si è astenuto. Soddisfatto il commento di Scaroni: “Avevo già detto che nessuna società al mondo ha una clausola di questo tipo e siccome il mondo sono i nostri azionisti, si sono espressi”. 

I soci hanno invece dato il via libera al bilancio 2013, che si è chiuso con un utile netto di 5,16 miliardi, in crescita del 23% rispetto al 2012, e alla distribuzione di un dividendo di 1,10 euro per azione. Approvato anche il nuovo cda, presieduto da Emma Marcegaglia la cui nomina ha avuto semaforo verde con il 98% dei voti. Nel consiglio di amministrazione siedono, con la ex presidente di Confindustria, il nuovo ad di Eni Claudio Descalzi, Fabrizio Pagani, Luigi Zingales, Diva Moriani e Andrea Gemma, indicati dal ministero dell’Economia, più Pietro Guindani, Karina Litvack e Alessandro Lorenzi per i fondi.

In assemblea sono intervenuti anche diversi “azionisti critici”, come la Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Banca Etica) e la sezione italiana di Amnesty International, che hanno fatto domande sugli impatti ambientali del giacimento di Kashagan, in Kazakhstan, sui bonus attribuiti ai manager e sugli sversamenti di petrolio nel Delta del Niger. Il direttore generale di Amnesty International, Gianni Rufini, ha chiesto entro quando il gruppo intende pubblicare sul sito internet Naoc Sustainability tutti i report investigativi e le foto sulle fuoriuscite di petrolio nel delta del Niger e i rapporti economici, politici, tecnici, operativi e d’intelligence tra Eni e l’operazione ‘Pulo Shield’ delle forze di sicurezza nigeriane. La ong londinese Global Witness ha invece sollevato dubbi sulla nomina di Claudio Descalzi ad amministratore delegato, ventilando un suo coinvolgimento nella discussa operazione di acquisto di concessioni petrolifere in Nigeria