Dal 2013 c’è una novità nel piano di remunerazione dell’amministratore delegato e del presidente di Eni. Il 10% dell’incentivazione variabile annuale viene attribuito sulla base di criteri di sostenibilità “in relazione al mantenimento della presenza di Eni in almeno uno degli indici (azionari etici) Ftse4Good e Dow Jones Sustainability”. A parte che nella relazione sulla remunerazione 2013 si parlava della presenza in entrambi gli indici mentre quest’anno ne basta anche solo uno, ci sono forti dubbi sul fatto che due indici, costruiti da due società private (la borsa di Londra e Robeco), possano essere sufficienti per sintetizzare in modo sufficientemente oggettivo l’impegno di un’impresa nel rispetto dell’ambiente, delle regole di governance e dei diritti umani.
Anche perché, come ha recentemente dimostrato la ricerca “Sweeping dust under the carpet” (letteralmente “Spazzando la polvere sotto il tappeto”) delle ong Re:Common, urgewald, Corner House e BankTrack, gli indici fanno riferimento soprattutto alle risposte fornite dalle stesse imprese a domande contenute in questionari standard. In base alle risposte viene stilato un punteggio, che costituisce il perno del processo di valutazione. Nessuno dei due indici sembra coinvolgere in modo adeguato soggetti terzi rispetto alle imprese valutate. Per dirla in modo semplice, si decide se una società ha un buon punteggio (o meno) dal punto di vista socio-ambientale soprattutto in base alle informazioni fornite dalla stessa società.
Grazie alla novità del bonus “etico” l’ad uscente di Eni Paolo Scaroni percepirà quest’anno 208.800 euro, il 10% della sua remunerazione variabile totale pari a 2,088 milioni di euro. Poco rispetto ai 4,555 milioni che si porterà a casa Scaroni quest’anno, ancora meno rispetto alla liquidazione che gli spetta a fine mandato. Ma se non ha un grande valore monetario per un manager come Scaroni, questa cifra ha sicuramente un forte valore simbolico, soprattutto se si considera che lo stesso Scaroni è attualmente sotto inchiesta presso la procura di Roma per un caso di sospetta corruzione internazionale in Algeria, che coinvolge Eni e la controllata Saipem.
La Fondazione di Banca Etica chiederà oggi a Paolo Scaroni di rinunciare al suo bonus “etico” e di devolverlo piuttosto ad associazioni ambientaliste o per la tutela dei diritti umani. Nel frattempo Eni potrebbe iniziare a sviluppare nuovi criteri, più oggettivi, per l’incentivazione legata alla sostenibilità. Magari coinvolgendo gli stessi soggetti terzi che oggi non sono sufficientemente coinvolti nelle valutazioni degli indici etici.
Un piccolo passo per Scaroni, un passo un po’ più grande per l’umanità.