Nel quindicesimo rapporto dell'ong il paese nord europeo si conferma al primo posto: aiuti concreti per le famiglie, anche grazie alla "baby box". L'Italia guadagna sei posizioni rispetto al 2013
E’ la Finlandia il paese dove essere madri è più facile. L’Italia è all’11esimo posto, comunque in salita dalla 17esima posizione dello scorso anno. Questo è quanto emerge dal quindicesimo rapporto sullo stato delle madri nel mondo, pubblicato da Save the children in occasione della festa della mamma, il prossimo 11 maggio: una classifica per capire quali siano i Paesi nei quali lo stato di salute, il livello di istruzione, le condizioni economiche, politiche e sociali sono tali da garantire il benessere delle mamme e dei loro figli.
La Finlandia si conferma in testa per il secondo anno consecutivo: un’attenzione verso mamme e bambini, quella che c’è nel paese nordico, che inizia fin dalla nascita con l’arrivo della “scatola maternità”.
Di cosa si tratta? Al momento della nascita del bambino, le mamme possono scegliere tra due diversi regali offerti dal governo: una sovvenzione in denaro o la cosiddetta “scatola di cartone”, che contiene corredo, tutine, cappello, guanti, abito con cappuccio, body, calzini in modelli e colori unisex, accappatoio, asciugamani, forbicine per le unghie, spazzolino da denti, termometro da bagno, un libro illustrato, giocattoli e quant’altro di utile possa venire in mente per accompagnare i primi giorni di vita del bimbo. Non solo, la scatola con il materassino diventa il primo letto del bambino, e molti sono i piccoli finlandesi che, a prescindere dal ceto sociale, hanno trascorso le loro prime notti in questa “baby box”. Tale tradizione è stata introdotta nel 1938 e oggi quasi tutte le mamme la preferiscono all’aiuto in denaro: per averla basta fare una visita medica in una struttura sanitaria entro il quarto mese. Non si tratta solo di un modo per aiutare le famiglie a basso reddito, ma anche di una soluzione per orientare le giovani madri nel periodo della maternità.
Quanto all’Italia, le sei posizioni guadagnate in classifica sarebbero dovute, secondo l’ong, all’aumento della presenza delle donne al governo (passato dal 20,6% della scorsa edizione al 30,6% del’ultima).
In fondo alla classifica troviamo, invece, tutti paesi sub-sahariani: in coda la Somalia, preceduta dalla Repubblica democratica del Congo e, a pari merito, da Niger e Mali, che ottengono punteggi molto scarsi per ognuno dei cinque indicatori su cui si è basato il 14esimo rapporto di Save the children sullo Stato delle madri nel mondo, ovvero salute materna e rischio di morte per parto, benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i cinque anni, grado di istruzione, condizioni economiche e partecipazione politica delle donne al governo.
Proprio nell’ottica di migliorare lo stato di cose quanto alla qualità dei primi mesi di vita dei neonati è partita, nel 2010, la campagna “Change the life, change the future” che punta a diffondere la consapevolezza dell’importanza dei “mille giorni”, il periodo che va dall’inizio della gravidanza al secondo compleanno del bambino. Un periodo, questo, in cui è fondamentale garantire una nutrizione corretta sia alla mamma che al nascituro, così come un’attenta igiene personale e cure sanitarie adeguate, perché è proprio da questo primo, fondamentale lasso di tempo, che dipendono la salute e la crescita fisica e mentale del piccolo.
Sempre secondo il rapporto Save the Children, il 56% di tutte le morti materne e infantili si concentra nei paesi sub-sahariani che vivono una situazione di conflitto, dove si perde la vita non solo a causa della guerra stessa, ma anche e soprattutto per via di malnutrizione e complicazioni mediche, che sopraggiungono per la scarsa presenza di personale sanitario sul territorio.
E’ proprio per questo che Amref punta a formare 15.000 ostetriche entro il 2015, contribuendo così alla riduzione del 25 per cento della mortalità materna in Africa: nella zona sub-sahariana sono 162.000 le mamme che ogni anno muoiono per la mancanza di un’assistenza adeguata durante la gravidanza e al momento del parto, una cifra che rappresenta il 56 per cento del totale.