Gli impoverimenti e i saccheggi che le mafie operano sulla pelle dei cittadini, vampirizzando la qualità della loro vita, sono infiniti. Le mafie non si negano niente: qualunque opportunità di conquistare territori e mercati (aumentando il proprio potere economico) va bene. Fra i tanti investimenti di denaro sporco in attività apparentemente pulite, di speciale pericolosità per gli interessi della collettività sono quelli del settore agroalimentare. Proprio il settore nel quale un tempo le mafie affondavano le proprie radici storiche e culturali, oggi è diventato area di investimento remunerativo, strategico ed emergente: con dimostrazione della straordinaria capacità di adattamento delle mafie (è nel loro Dna) al nuovo, in questo caso la globalizzazione dei mercati e dei traffici internazionali.
I mafiosi con coppola e lupara sono ormai roba da film di terz’ordine. Oggi abbiamo a che fare con abili “colletti bianchi” investiti di compiti e funzioni di primo piano nell’economia: che però continuano a far leva su posizioni di forza, di intimidazione e di ricatto, mettendo a punto affari duraturi e lucrosi (il business delle agromafie è di circa 14 miliardi di euro l’anno) che sempre più interessano le frodi alimentari. Fino a qualche tempo fa si parlava di frodi, per lo più, con riferimento ai bilanci delle imprese. Oggi si ha riguardo prevalentemente alla manipolazione degli alimenti ed i comportamenti illeciti rientrano nell’area del rischio d’impresa: contraffare, adulterare, sofisticare il cibo conviene molto, considerando che il “made in Italy” va ancora fortissimo ed è il nostro miglior ambasciatore nel mondo.
Questo appeal del “made in Italy” va difeso dall’aggressione delle mafie, per tutelare le alte potenzialità che la nostra economia possiede nel settore agroalimentare e per impedire che siano compromesse la qualità e la sicurezza dei prodotti. Vanno aumentando vertiginosamente le frodi a tavola, dove spesso siede un convitato di pietra: le mafie, allettate dalle opportunità che offre l’agroalimentare. L’odioso inganno dei cibi adulterati colpisce soprattutto quanti dispongono di una ridotta capacità di spesa e sono costretti a rivolgersi ad alimenti di minor costo. L’Italia inoltre è un forte importatore di alimenti che poi diventano ingredienti di prodotti spacciati come nazionali, senza che si possano riconoscere provenienza e qualità di tali ingredienti.
E la mancanza di un sistema trasparente di tracciabilità ed etichettatura degli alimenti (al riguardo la normativa europea è molto disinvolta) facilita potentemente l’inserimento delle attività criminali. I pericoli per la salute dei consumatori sono di assoluta evidenza. Prova inconfutabile – ancora una volta – che il prezzo socio-economico dell’illegalità mafiosa è pesantissimo (mina il futuro del paese) e lo paghiamo tutti quanti noi.
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 24 marzo 2014