L’equazione sembra semplice: se nella nuova cupola degli appalti lombardi ricorrono gli stessi nomi di Mani pulite, questo significa che tutto è rimasto come allora, con protagonisti solo un po’ ingrigiti e imbolsiti nell’aspetto. Non è affatto detto che sia così, per quanto condivisibili siano le amareggiate parole dell’ex-pm milanese Gherardo Colombo: “Sembra proprio che la corruzione in questo paese non finisca mai”. Sembra non finire mai, ma di certo l’italica corruzione cambia pelle come i serpenti dopo ogni nuova stagione di indagini giudiziarie. E allora, pur con tutti i condizionali del caso – siamo appena all’avvio dell’inchiesta, quelle formulate sono solo ipotesi di reato, etc. etc.– forse le ultime vicende di quella che potrebbe essere definita la nuova tangentopoli lombarda ci permettono di capire quale sia stata l’evoluzione dei meccanismi che con ferrea disciplina ancora regolano il funzionamento di una rete di corruzione che negli anni novanta fu definita “sistemica”, mai intaccati da nessuna riforma amministrativa, disposizione di legge o alternanza al governo.
Cominciamo dalle costanti, gli immutabili generatori di occasioni per arricchirsi trafficando in appalti e mazzette. Expo, ospedali e sanità sembrano le principali aree dove il gruppo lombardo – l’associazione a delinquere, nell’ipotesi accusatoria – esercitava per vie riparate la propria capacità di condizionamento sull’iter di finanziamento e aggiudicazione dei contratti. Non a caso, settori dove sono in gioco una marea di finanziamenti pubblici, nei quali intoppi e ritardi creano continuamente emergenze posticce, in virtù delle quali diventa lecito slalomare liberamente tra procedure e controlli, accentuando così la concentrazione nelle mani di pochi del potere di individuare a chi dovranno andare gli appalti alla fine della giostra. Non a caso i neo-faccendieri puntavano in alto, perché solo dai vertici – siano il direttore generale della pianificazioni acquisti Expo o i direttori generali delle Asl – possono maturare quei provvedimenti o filtrare le informazioni riservate che in concreto decidono fortune e sventure degli imprenditori a caccia di affari con gli enti pubblici.
Poveri diavoli questi dirigenti della cosa pubblica, costretti ad affidarsi a una congrega di reduci di mani pulite per ottenere la linfa vitale per le loro aspirazioni di vita professionale e promozione sociale: la protezione politica. “Io vi do tutti gli appalti che volete, se favorite la mia carriera” avrebbe detto in buona sostanza il direttore acquisti Expo in un’intercettazione telefonica. Perché nella carriera dei neo-dirigenti la qualità del curriculum sbiadisce di fronte all’intangibile merito della supina sudditanza ai voleri dei rispettivi boss politici – di che sorprendersi se nelle carte dell’inchiesta compaiono i nomi di Silvio Berlusconi, Cesare Previti e Gianni Letta (che però non risultano indagati)? E’ con queste tecniche infatti che si è realizzato lo spoil-system all’italiana, tramite modalità distorte che in molti casi hanno prodotto soltanto l’indebolirsi del potere negoziale dei dirigenti rispetto ai loro referenti politici nella condivisa partecipazione alla corruzione. Certo, per chiudere la triangolazione di scambio degli appalti targati Expo mancherebbe ancora un anello, su cui le carte al momento tacciono. A seguito della paziente tessitura di relazioni e contatti operata dai faccendieri – ai quali va un compenso di appena lo 0,8% del valore dei contratti – gli imprenditori vincono appalti assegnati dai vertici dirigenziali di nomina politica, che a loro volta ricevono la garanzia di energiche spintarelle e autorevoli appoggi nella loro carriera futura. Gli unici che in questo schema elargiscono senza apparentemente ottenere alcunché sono proprio i politici. Difficile pensare ad atti di generosità unilaterale, più probabile che al vantaggio di poter contare su dirigenti malleabili e proni ai loro desideri si sommino altri flussi invisibili di risorse, magari neppure configurabili come tangenti secondo i superati schemi delle nostre fattispecie penali.
Fece scalpore nel 2009 il secondo arresto di Mario Chiesa, l’imputato apripista di mani pulite, accusato dopo quasi vent’anni dalla retata del pm Di Pietro di essere ancora il collettore di tangenti per un traffico illecito di rifiuti. Proprio come i suoi attuali emulatori dell’Expo, Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, anche loro già condannati per analoghi reati una ventina di anni fa. Simili ai protagonisti del racconto horror di Stephen King questi corrotti “a volte ritornano”, anzi lo fanno quasi sempre, per diversi buoni motivi, di regola in veste di intermediari. Non è stata ancora dimostrata l’esistenza di una predisposizione o attitudine genetica di matrice lombrosiana alla corruzione, dunque la presenza ricorrente delle medesime figure in simili attività illecite richiede un altro tipo di spiegazione. Occorre guardare alle risorse e alle competenze di cui sono depositari, spesso monopolisti. Prima di tutto, avendo partecipato in passato a un bel po’ di traffici illegali, dispongono di informazioni ricattatorie gli uni sugli altri, e su chi magari all’epoca l’ha fatta franca e nel frattempo ha fatto carriera. Si trovano così incatenati gli uni agli altri da una sorta di “fiducia obbligata”, consapevoli di non poter sgarrare. Del resto, se sono in affari da tanto tempo è perché si sono costruiti una reputazione sul campo, da spendere nel presentarsi a interlocutori in cerca di protezioni e occasioni di guadagno. Un vero e proprio marchio di garanzia, specie se hanno dimostrato la loro affidabilità resistendo senza fiatare (e senza tradire i compari) a un’interminabile carcerazione preventiva, come fece vent’anni fa l’ex compagno-G Primo Greganti. Sono faccendieri che dimostrano inventiva “imprenditoriale” nell’ampliare la loro ragnatela di relazioni utili a fare affari: costituiscono associazioni culturali ad hoc – come quella paradossalmente intitolata a “Tommaso Moro” e presieduta da Frigerio, nella quale “c’era un viavai continuo di imprenditori, dg di aziende ospedaliere, personaggi di rilievo politico”. Hanno imparato – almeno in parte – la lezione di tangentopoli, e al posto delle volgari tangenti preferiscono spesso incassare tramite altri canali, magari impalpabili contratti di consulenza, più facili da dissimulare, rendendo difficile il lavoro dell’accusa in sede processuale. Conoscono i segreti delle procedure pubbliche e sanno come metterne a profitto lacune e debolezze, disinnescando i controlli. Sono espressione di diverse “sensibilità politiche” e dunque rassicurano i partecipanti al banchetto allestito dal “partito unico degli affari”, garantendo nella spartizione la reciproca connivenza dei rispettivi referenti partitici. Come Primo Greganti, che secondo gli inquirenti avrebbe portato in dote i suoi storici contatti col mondo delle cooperative.
Se a distanza di venti anni, pur con qualche cambio di casacca, gli stessi protagonisti sono ancora in gioco, magari – come Frigerio – dopo una fulminea parentesi parlamentare tra un arresto e l’altro, forse la nuova corruzione non è come quella di tangentepoli, ma più insidiosa. Nel 1992 qualcuno poteva ancora temere – o illudersi – che dal crollo dei centri di potere su cui si fondava la corruzione sistemica potessero scaturire relazioni più trasparenti tra imprenditori, politica e amministrazione. Oggi i protagonisti della corruzione hanno capito che basta attendere che “passi ‘a nuttata” – di norma con minimi effetti collaterali, se anche dovesse arrivare una blanda condanna – e si potrà tornare a fare affari come prima, meglio di prima.
Alberto Vannucci
Professore di Scienza Politica
Giustizia & Impunità - 9 Maggio 2014
Expo, perché i corrotti a volte (quasi sempre) ritornano
L’equazione sembra semplice: se nella nuova cupola degli appalti lombardi ricorrono gli stessi nomi di Mani pulite, questo significa che tutto è rimasto come allora, con protagonisti solo un po’ ingrigiti e imbolsiti nell’aspetto. Non è affatto detto che sia così, per quanto condivisibili siano le amareggiate parole dell’ex-pm milanese Gherardo Colombo: “Sembra proprio che la corruzione in questo paese non finisca mai”. Sembra non finire mai, ma di certo l’italica corruzione cambia pelle come i serpenti dopo ogni nuova stagione di indagini giudiziarie. E allora, pur con tutti i condizionali del caso – siamo appena all’avvio dell’inchiesta, quelle formulate sono solo ipotesi di reato, etc. etc.– forse le ultime vicende di quella che potrebbe essere definita la nuova tangentopoli lombarda ci permettono di capire quale sia stata l’evoluzione dei meccanismi che con ferrea disciplina ancora regolano il funzionamento di una rete di corruzione che negli anni novanta fu definita “sistemica”, mai intaccati da nessuna riforma amministrativa, disposizione di legge o alternanza al governo.
Cominciamo dalle costanti, gli immutabili generatori di occasioni per arricchirsi trafficando in appalti e mazzette. Expo, ospedali e sanità sembrano le principali aree dove il gruppo lombardo – l’associazione a delinquere, nell’ipotesi accusatoria – esercitava per vie riparate la propria capacità di condizionamento sull’iter di finanziamento e aggiudicazione dei contratti. Non a caso, settori dove sono in gioco una marea di finanziamenti pubblici, nei quali intoppi e ritardi creano continuamente emergenze posticce, in virtù delle quali diventa lecito slalomare liberamente tra procedure e controlli, accentuando così la concentrazione nelle mani di pochi del potere di individuare a chi dovranno andare gli appalti alla fine della giostra. Non a caso i neo-faccendieri puntavano in alto, perché solo dai vertici – siano il direttore generale della pianificazioni acquisti Expo o i direttori generali delle Asl – possono maturare quei provvedimenti o filtrare le informazioni riservate che in concreto decidono fortune e sventure degli imprenditori a caccia di affari con gli enti pubblici.
Poveri diavoli questi dirigenti della cosa pubblica, costretti ad affidarsi a una congrega di reduci di mani pulite per ottenere la linfa vitale per le loro aspirazioni di vita professionale e promozione sociale: la protezione politica. “Io vi do tutti gli appalti che volete, se favorite la mia carriera” avrebbe detto in buona sostanza il direttore acquisti Expo in un’intercettazione telefonica. Perché nella carriera dei neo-dirigenti la qualità del curriculum sbiadisce di fronte all’intangibile merito della supina sudditanza ai voleri dei rispettivi boss politici – di che sorprendersi se nelle carte dell’inchiesta compaiono i nomi di Silvio Berlusconi, Cesare Previti e Gianni Letta (che però non risultano indagati)? E’ con queste tecniche infatti che si è realizzato lo spoil-system all’italiana, tramite modalità distorte che in molti casi hanno prodotto soltanto l’indebolirsi del potere negoziale dei dirigenti rispetto ai loro referenti politici nella condivisa partecipazione alla corruzione. Certo, per chiudere la triangolazione di scambio degli appalti targati Expo mancherebbe ancora un anello, su cui le carte al momento tacciono. A seguito della paziente tessitura di relazioni e contatti operata dai faccendieri – ai quali va un compenso di appena lo 0,8% del valore dei contratti – gli imprenditori vincono appalti assegnati dai vertici dirigenziali di nomina politica, che a loro volta ricevono la garanzia di energiche spintarelle e autorevoli appoggi nella loro carriera futura. Gli unici che in questo schema elargiscono senza apparentemente ottenere alcunché sono proprio i politici. Difficile pensare ad atti di generosità unilaterale, più probabile che al vantaggio di poter contare su dirigenti malleabili e proni ai loro desideri si sommino altri flussi invisibili di risorse, magari neppure configurabili come tangenti secondo i superati schemi delle nostre fattispecie penali.
Fece scalpore nel 2009 il secondo arresto di Mario Chiesa, l’imputato apripista di mani pulite, accusato dopo quasi vent’anni dalla retata del pm Di Pietro di essere ancora il collettore di tangenti per un traffico illecito di rifiuti. Proprio come i suoi attuali emulatori dell’Expo, Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, anche loro già condannati per analoghi reati una ventina di anni fa. Simili ai protagonisti del racconto horror di Stephen King questi corrotti “a volte ritornano”, anzi lo fanno quasi sempre, per diversi buoni motivi, di regola in veste di intermediari. Non è stata ancora dimostrata l’esistenza di una predisposizione o attitudine genetica di matrice lombrosiana alla corruzione, dunque la presenza ricorrente delle medesime figure in simili attività illecite richiede un altro tipo di spiegazione. Occorre guardare alle risorse e alle competenze di cui sono depositari, spesso monopolisti. Prima di tutto, avendo partecipato in passato a un bel po’ di traffici illegali, dispongono di informazioni ricattatorie gli uni sugli altri, e su chi magari all’epoca l’ha fatta franca e nel frattempo ha fatto carriera. Si trovano così incatenati gli uni agli altri da una sorta di “fiducia obbligata”, consapevoli di non poter sgarrare. Del resto, se sono in affari da tanto tempo è perché si sono costruiti una reputazione sul campo, da spendere nel presentarsi a interlocutori in cerca di protezioni e occasioni di guadagno. Un vero e proprio marchio di garanzia, specie se hanno dimostrato la loro affidabilità resistendo senza fiatare (e senza tradire i compari) a un’interminabile carcerazione preventiva, come fece vent’anni fa l’ex compagno-G Primo Greganti. Sono faccendieri che dimostrano inventiva “imprenditoriale” nell’ampliare la loro ragnatela di relazioni utili a fare affari: costituiscono associazioni culturali ad hoc – come quella paradossalmente intitolata a “Tommaso Moro” e presieduta da Frigerio, nella quale “c’era un viavai continuo di imprenditori, dg di aziende ospedaliere, personaggi di rilievo politico”. Hanno imparato – almeno in parte – la lezione di tangentopoli, e al posto delle volgari tangenti preferiscono spesso incassare tramite altri canali, magari impalpabili contratti di consulenza, più facili da dissimulare, rendendo difficile il lavoro dell’accusa in sede processuale. Conoscono i segreti delle procedure pubbliche e sanno come metterne a profitto lacune e debolezze, disinnescando i controlli. Sono espressione di diverse “sensibilità politiche” e dunque rassicurano i partecipanti al banchetto allestito dal “partito unico degli affari”, garantendo nella spartizione la reciproca connivenza dei rispettivi referenti partitici. Come Primo Greganti, che secondo gli inquirenti avrebbe portato in dote i suoi storici contatti col mondo delle cooperative.
Se a distanza di venti anni, pur con qualche cambio di casacca, gli stessi protagonisti sono ancora in gioco, magari – come Frigerio – dopo una fulminea parentesi parlamentare tra un arresto e l’altro, forse la nuova corruzione non è come quella di tangentepoli, ma più insidiosa. Nel 1992 qualcuno poteva ancora temere – o illudersi – che dal crollo dei centri di potere su cui si fondava la corruzione sistemica potessero scaturire relazioni più trasparenti tra imprenditori, politica e amministrazione. Oggi i protagonisti della corruzione hanno capito che basta attendere che “passi ‘a nuttata” – di norma con minimi effetti collaterali, se anche dovesse arrivare una blanda condanna – e si potrà tornare a fare affari come prima, meglio di prima.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.