Secondo i residenti della baraccopoli di Pavão-Pavãozinho la pacificazione è messa a dura prova dai gruppi armati (composti da ex poliziotti), che con la scusa di proteggere gli abitanti hanno organizzato un sistema criminale violento
Rio de Janeiro – Le manifestazioni non si placano, i residenti della favela Pavão-Pavãozinho non vogliono che si spengano le luci sulla comunità al centro di scontri a seguito dell’uccisione di due giovani. Gli episodi di violenza venuti alla luce e in grado di far esplodere la rabbia, non sono certo i primi. La favela non vuole chiudersi, chi vive nella comunità vuole che si sappia ciò che accade. Soprattutto quando l’ombra che si allunga sulle investigazioni, sulla comunità e sul progetto della pacificazione è tanto inquietante. I racconti dei residenti muovono tutti nella stessa direzione, e girano intorno alla parola che i cittadini hanno paura anche a nominare: ‘milizia’.
Qualcosa di molto più rischioso della semplice arbitrarietà dell’azione della polizia: un fenomeno di malavita ben noto nella geografia criminale della città, più simile alla mafia che ai gruppi di trafficanti che difendono una piazza di spaccio da ‘rivali’ e polizia. Le milizie sono gruppi organizzati e diretti da appartenenti alle forze di sicurezza: poliziotti, pompieri e agenti penitenziari riformati o anche in servizio. Le milizie operano mantenendo la vigilanza della comunità attraverso la guardia armata, per impedire l’arrivo di trafficanti. In principio l’intenzione era quello di garantire la sicurezza ‘privata’, ma ben presto i miliziani hanno iniziato a intimidire ed estorcere denaro a cittadini e commercianti, chiedendo soldi come ‘tassa’ per la protezione. A chi non si piega, violenza, punizioni esemplari e scomparse sospette. In mano a loro il controllo delle attività illegali del territorio, forniture di alcuni servizi ai cittadini, come il trasporto collettivo abusivo, la distribuzione di gas e l’istallazione clandestina di tv via cavo.
Il fenomeno è forte in particolarmente nella zona est della città, dove un ampio settore è sotto il loro dominio. Il rischio che la Upp (Unidade de Policia Pacificadora), in particolare in alcune comunità, sia a rischio di finire inghiottita da questa realtà è testimoniata dalle parole di denuncia del leader comunitario della favela Santa Marta, José Mário Hilário. Quando in favela è iniziata a circolare l’intervista al quotidiano Odia che riportava l’allarme e quando le immagini dei simboli della milizia a Pavão-Pavãozinho sono state diffuse in un’inchiesta del sito A Nova democrazia, per molti non è stato una sorpresa. I simboli di cui parlano sono adesivi di Batman, presenti in alcune aree della favela e in particolare nella zona della caixa d’agua, un avamposto della polizia in cima alla favela, inavvicinabile per i giornalisti, e impossibile da fotografare. Il Batman citato da Hilario è l’ex agente della polizia militare Ricardo Teixeira da Cruz, miliziano che dominava estese aree della zona est della città e attualmente in carcere, al vertice della Lega della Giustizia, organizzazione paramilitare formata da poliziotti e pompieri.
Per Hilario la presenza dei simboli della milizia è testimonianza di un tentativo di minare le basi del progetto della Upp. Altri leader comunitari come Marcelo da Silva di Vidigal hanno richiamato l’attenzione sul rischio che le Upp si trasformino in una specie di ‘milízia ufficiale’. Che la situazione a Pavão-Pavãozinho sia inquietante emerge dalle parole dei cittadini, spesso susurrate. Negli ultimi mesi la presenza della polizia è andata aumentando. Tanti agenti, e non più con il volto dell’inizio della Upp. Nel suo appartamento, lontano da occhi indiscreti, il signor Edison dice: “Non sono gli stessi dell’inizio, sono più anziani, sono quelli della vecchia scuola. Sparano tutti i giorni solo per farci paura”. L’accelerazione nella pacificazione da parte del governo dello Stato ha visto rompere il patto che prevedeva l’utilizzo solo di agenti ‘nuovi’ e formati diversamente a causa della carenza di personale, e questa è una delle cause della crisi. Alexandre, sulla trentina, sussurra: “Ci trattano come se tutti fossimo trafficanti o banditi, c’è ancora questa concezione qua. Non aspettano altro che sbatterti contro il muro per perquisizioni immotivate”. La signora Maria de Fatima è netta: “Abbiamo paura, non abbiamo mai passato questi problemi, neanche quando qui si sparava tutti i giorni. Questo non è mica il primo morto, sono già cinque, uno è stato ucciso da una persona incappucciata che ha usato un’arma con il silenziatore. Cosa mai vista”.
Nella funicolare che s’inerpica nella comunità, una delle dipendenti accusa: “Dicono che DG è morto in uno scontro tra trafficanti e polizia che era alla caccia di un ricercato. Non è vero. Non ci sono stati colpi, li avremmo sentiti, e poi – si chiede – quando mai si fa una maxi operazione con soli 9 poliziotti a piedi?”. E in tanti parlano di esecuzioni mirate. La domanda è: e se non fossero solo i trafficanti a boicottare la Upp? Ma la situazione di crisi della ‘pacificata’ Pavão-Pavãozinho è anche di degrado sociale. La comunità che forma un unico ‘complexo’ con la favela Cantagalo, ventimila abitanti che occupano una piccola area aggrappata a una collina molto ripida a ridosso del quartiere di Copacabana, è stata una delle prime a ottenere un’unità di polizia pacificatrice. I primi anni è andata bene, senza più sparatorie e trafficanti armati. Poi tante cose sono cambiate, in peggio.
E’ la presidentessa dell’associazione dei residenti Alzira Amaral a denunciare: “La verità è che dovrebbero dare più attenzione alle comunità. Il governo dovrebbe fare di più e meglio. Con la Upp ci avevano promesso dei miglioramenti, ma non è stato così. Abbiamo visto solo polizia. Per la salute non è stato fatto molto. La clinica che c’è all’interno non ha tutte le specializzazioni, ma se andiamo fuori nel centro di salute, ci dicono che non abbiamo diritto a essere assistiti perché abbiamo una clinica tutta per noi. Avevano promesso – aggiunge – opere pubbliche per migliorare il sistema fognario, per le strade e per dare case dignitose a tutti, e invece qui sono ancora ferme le opere del Pac1 del 2007. Hanno costruito un palazzo di quattro piani, ma non hanno mai portato la corrente elettrica, e così non è stato mai occupato. Ora è abbandonato. E poi la situazione igienico sanitaria”. Questione su cui tutti si trovano d’accordo: “Spero che i reporter che entrano qua, raccontino quello che vedono – afferma una giovane che preferisce non fornire il nome – Io devo affidarmi al mio cane per difendermi dai topi che entrano in casa. I gatti qui non possono molto, viste le dimensioni dei ratti. La raccolta di rifiuti è fatta male, le fogne sono a cielo aperto e ci sono ancora case di legno. Eppure nessuno fa nulla. In fondo chiediamo solo i nostri diritti”. In certe aree del Paese decisamente un lusso.