Una questione importante per la crescita dell’Italia è l’efficienza della giustizia civile, un tema che ha meno richiamo della giustizia penale, ma che è egualmente decisivo.
Uno dei dati più significativi dell’anomalia italiana consiste nell’enorme numero di cause: stando alla relazione Istat 2012 in Italia il rapporto fra processi iniziati e numero di abitanti è pari a 4768, in Francia a 2728, in Danimarca a 1090 e solo a 559 in Svezia. In Italia si litiga troppo.
In parte conseguenza di questo fenomeno è il record assoluto di durata media dei processi civili. Per i casi di inadempienza contrattuale, che sono quelli che più incidono sul sistema economico, le cause, solo in primo grado, durano 1210 giorni in Italia, contro gli 800 circa di Polonia e Grecia, i 515 giorni della Spagna, i 399 del Regno Unito, i 394 della Germania, i 331 della Francia, i 300 degli Usa.
In Italia vi sono in verità anche su questo tema forti divari territoriali: secondo un’analisi di Banca d’Italia, i tempi della giustizia civile sono all’incirca un terzo più brevi nelle regioni del Centro Nord, rispetto alle regioni meridionali. Nel Nord Ovest i tempi addirittura si dimezzano rispetto al Mezzogiorno, rimanendo comunque sensibilmente superiori a quelli delle altre nazioni.
Paradossalmente la spesa pubblica pro capite per la giustizia è in linea con quella degli altri principali Paesi. Stando anzi ad un rapporto del Consiglio d’Europa del 2010, la spesa pubblica italiana si attesterebbe al quinto posto, con livelli superiori, per esempio, a quelli francesi e britannici. Che l’inefficienza non sia una questione di investimenti è dimostrato del resto dal caso italiano: a fronte di una durata delle cause sensibilmente superiore al resto del Paese, nel Sud la spesa pro capite per la giustizia è pari a 135 euro, a fronte di una media italiana pari a 115 euro.
Così non si può andare avanti. Le riforme che si sono susseguite a partire dagli anni ’90 e le più recenti del 2009, 2011 e 2012 non hanno prodotto risultati decisivi.
Il Governo ha in animo di intervenire; nel frattempo, su richiesta della associazione Crescita e Libertà, con un gruppo di professori composto da Achille Saletti, Bruno Sassani, Gianni Iudica, Maria Carla Giorgetti, abbiamo avanzato una proposta concreta: adottare il sistema del référé che in Francia assorbe circa il 30% delle cause ed è uno dei fattori che portano la giustizia transalpina ad avere tempi brevi di attuazione. Questo sistema ha la caratteristica di non generare una decisione irrevocabile del giudice, ma di produrre comunque una soluzione delle controversie che ha efficacia immediatamente esecutiva. Si tratta di un procedimento semplificato assai rapido, che si potrebbe applicare in tutti quei casi in cui la pretesa di una parte appaia evidente. È del resto un meccanismo analogo a quello applicato in Italia con riferimento a certe misure cautelari e che ha già dato buona prova.
Occorre poi scoraggiare le liti temerarie che sono uno dei cancri principali del nostro sistema, anche agendo sul versante delle spese processuali.
Non si può più perdere tempo: secondo Confindustria una delle cause della scarsa attrattività degli investimenti stranieri in Italia e più in generale della minor competitività del sistema italiano è proprio la lentezza con cui i diritti vengono riconosciuti e fatti valere.
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