Fermata da polizia francese e Dia, arrivava da Dubai, dove si trova il marito latitante. Aveva fatto sapere di essere pronta a rientrare in Italia per "mettersi a disposizione della giustizia" e "chiarire tutto". Dall'ordinanza di custodia cautelare emergono dettagli sull'"occultamento delle reali disponibilità della famiglia Matacena" attraverso operazioni di fusione di società mirate a "schermare" i beneficiari
Chiara Rizzo, moglie dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena – condannato a cinque anni e quattro mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e latitante a Dubai – è stata arrestata all’aeroporto di Nizza in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Olga Tarzia. La donna, al centro dell’indagine sulla fuga di Matacena con il supporto dell’ex ministro Claudio Scajola, è stata presa in consegna dalla polizia francese, presente l’ufficiale di collegamento italiano e funzionari della Dia. La Rizzo aveva fatto sapere di essere pronta a tornare in Italia da Montecarlo per “mettersi a disposizione della giustizia” e “chiarire qualsiasi cosa“. Secondo le agenzie di stampa, però, Rizzo non si trovava nel Principato: all’aeroporto internazionale di Nizza Cote d’Azur era appena atterrata con un aereo proveniente proprio da Dubai. Era attesa in Italia per la sera dell’11 maggio: avrebbe dovuto atterrare alle 19:45 nello scalo romano di Fiumicino per poi imbarcarsi per Reggio Calabria. Per portarla in Italia sarà ora necessario attivare le procedure di estradizione, per cui il rientro non potrà avvenire prima di qualche giorno. Lunedì 12, alle 14:30, si terrà l’udienza di convalida dell’arresto, poi il giudice chiederà la documentazione che riguarda l’inchiesta in cui è coinvolta. Il suo avvocato, Bonaventura Candido, ha dichiarato a “a fronte di un biglietto pagato dalla signora, adesso il trasferimento a Reggio Calabria sarà a carico dello Stato e si allungheranno i tempi prima che Chiara Rizzo possa presentarsi ai magistrati di Reggio Calabria”. “Adesso – ha spiegato – la signora Rizzo dovrà rimanere almeno 24 ore in Francia. Contatterò l’altro difensore, Carlo Biondi, che essendo a Genova potrà assisterla in questa fase. Comunque lei non si oppone all’estradizione”. Le accuse su Chiara Rizzo, secondo Candido, si basano “su alcune intercettazioni molto criptiche. Bisognerà dunque vedere se questo impianto accusatorio resterà solido”. L’avvocato ha poi parlato del rapporto tra la moglie di Matacena e Claudio Scajola: “Un legame che viene da lontano, da quando Amedeo Matacena era parlamentare”. Inoltre, ha detto il legale,”la famiglia Matacena vive a Montecarlo e Scajola a Imperia”. Infine, sull’utilizzo degli uomini della scorta di Scajola in favore di Chiara Rizzo, l’avvocato ha aggiunto: “Si tratta di dettagli di poco conto. Richiamerei piuttosto l’utilizzo di tante auto e tante scorte da parte di tanti in Italia”.
Così i Matacena occultavano il patrimonio – Dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria nei confronti di Matacena, della stessa Rizzo, di Claudio Scajola, e di altre cinque persone (Maria Grazia Fiordelisi, la madre di Matacena Raffaella De Carolis, il factotum Martino Politi, la segretaria di Scajola Roberta Sacco, il ragioniere Antonio Chillemi e Vincenzo Speziali, che avrebbe dovuto occuparsi del trasferimento di Matacena in Libano), tutti accusati di aver preso parte “ad un’associazione per delinquere segreta collegata alla ‘ndrangheta” “al fine di estendere le potenzialità operative del sodalizio mafioso in campo nazionale ed internazionale“, emergono anche particolari sull'”occultamento delle reali disponibilità della famiglia Matacena” attraverso operazioni di fusione di società. Come quella, per incorporazione, della società Solemar in Amadeus (di cui la stessa Solemar aveva il 100%). “La ricostruzione fin qui operata – scrive il gip – consente di comprendere che, dopo una prima fase in cui i membri della famiglia Matacena ricoprivano incarichi diretti in ambito societario, si è passati ad una fase successiva, caratterizzata dalla operatività anche di imprese di diritto estero e dalla presenza di continui progetti di fusione finalizzati a schermare gli effettivi titolari e, quindi, i reali beneficiari degli utili prodotti dalle società che, alla luce delle indagini in corso, sono da individuarsi in Amedeo Matacena e nei suoi prossimi congiunti”. Una strategia di attribuzione fittizia dei beni posta in essere “consapevolmente dagli indagati”. Ed in tale contesto il gip indica la “apparente” separazione coniugale di Matacena dalla moglie.
Anche la separazione era fittizia – Nell’ordinanza sono contenute anche le sintesi di alcune intercettazioni telefoniche. In una, del 30 settembre 2013, la Rizzo parla con la ex moglie del fratello di Matacena che “si congratula con Chiara per la decisione assunta di separarsi da Amedeo. Chiara, mostrandosi esterrefatta rispetto al fatto che tale informazione sia in possesso della sua interlocutrice, replica prontamente precisando che, in effetti, ‘non si tratta di una separazione”. Lo stesso giorno la Rizzo chiama Martino Politi, un altro arrestato, con il quale, “si lamenta del fatto che qualcuno ha fatto circolare la notizia della separazione con Amedeo. Nella circostanza si sente Chiara alquanto seccata e nervosa per le voci diffuse e si rivolge a Martino dicendogli: ‘tu lo sai per quali motivi … al telefono, a lei cosa dovevo dire’. Martino le risponde che le cose di famiglia non si devono dire’ e, Chiara, di rimando: ‘ … ma poi non hanno capito della gravità se questa cosa si sa in giro!?’.
Rizzo preoccupata per il blocco del conto – Dalle intercettazione emerge anche che la donna già nel settembre 2013 era preoccupata di essere sotto indagine perché un suo conto corrente era stato bloccato. Saputo poi che si trattava solo di una verifica interna della banca per accertare se fosse lei la beneficiaria del conto di una società, nel corso di una telefonata intercettata commentava: “ah, va bene, questo che cazzo me ne fotte, voglio dire! Io pensavo che avevano aperto una indagine di cazzo! Ma che c’entra, pensavo una indagine … ma se io non ho fatto mai niente nella vita mia, che c’entro io?”.