“Errani mi ha detto: con che faccia ci ripresentiamo a Ferrara?”. Il nome e le parole del presidente della Regione Emilia-Romagna risuonano nell’aula B del tribunale della città estense, dove è in corso il processo che vede imputate a vario titolo per truffa, falso e abuso d’ufficio dodici persone tra dirigenti e tecnici comunali, oltre che costruttori. E’ un dirigente del Comune di Ferrara addetto al cantiere dell’ospedale di Cona a riportare le parole di Errani. Che si chiede con che faccia tornare nella città emiliana dopo l’ennesimo ostacolo nella realizzazione di quello che, alcuni anni dopo, passerà alle cronache come uno dei grandi scandali della sanità nazionale. Si parla di un progetto iniziato nel 1990, con la benedizione della prima pietra da parte di Giovanni Paolo II, costato qualcosa come 500 milioni di euro (21 dei quai per realizzare una metropolitana di superficie che attende ancora il primo binario) e che anche oggi, a due anni dall’inaugurazione, fatica ad essere apprezzato dagli stessi ferraresi.
Se non altro per la distanza: il vecchio Sant’Anna, situato in piano centro in corso Giovecca, è stato smantellato e per raggiungere la località di Cona ci sono da percorrere 9 chilometri. Ma già in sede di realizzazione Errani era consapevole dei problemi sorti in itinere. Nell’ultima udienza si è assistito all’esame di Carlo Melchiorri, ex direttore ai lavori. Melchiorri parla degli errori in fase di costruzione. Errori che l’imputato attribuisce alle aziende del Consorzio Cona, contro le quali da allora è lunghissima la fila dei contenziosi. Errori comunque macroscopici. E lui ne era ben cosciente. Tanto che in una conversazione telefonica intercettata nel 2009 dai carabinieri si sfoga con un collega: “Abbiamo tutto il cartongesso ammuffito, ma il problema è che questo ospedale è un prodotto pessimo: stiamo mettendo pezze ovunque ma ne servono migliaia. E’ drammatico, non ci potrà mai andare dentro la gente, entra acqua da tutte le parti”. Previsione infausta ma veritiera.
Tanto che una volta aperto, oltre a tante infiltrazioni, pioveranno in una occasione anche escrementi dal soffitto del pronto soccorso. Ancora. “Hai visto i puntellamenti che hanno fatto dappertutto? – prosegue l’ex direttore dei lavori – Lo sai che se non si puntellava il bagno sarebbe venuto giù tutto? La sai la storia dei massetti dei solai? (più sottili rispetto a quanto previsto dal capitolato, ndr)”. Altra intercettazione e altri interrogativi. Siamo nel luglio 2009 e Melchiorri è al telefono con l’ex responsabile amministrativo del Sant’Anna, Marino Pinelli, l’ex responsabile amministrativo dell’appalto già condannato a un anno in rito abbreviato. “Abbiamo dovuto ungere le ruote con tre milioni di euro – afferma il primo -, altrimenti gli impianti ad alta tecnologia non sarebbero stati installati”. “Mi riferivo – spiega al pm non troppo convinto – agli oneri che le aziende chiedevano per il ritardo della quinta perizia di variante, che è stata fatta successivamente”.
Nelle disperate telefonate di quei giorni, Melchiorri si imbatte in Fulvio Rossi, all’epoca membro della commissione di collaudo, poi promosso ingegnere capo del Comune di Ferrara: “Errani mi ha detto: con che faccia ci ripresentiamo a Ferrara?”. Il governatore era a conoscenza dei tanti problemi del maxi cantiere. Tanto che Pinelli riferisce a Melchiorri che “Errani si è inalberato quando gli ho detto che abbiamo una certa responsabilità per la situazione dei bagni. Mi ha detto: voi non dovete mai scomporvi, non dovete giustificare nulla, non dovete più introdurre variazioni”. Sempre Pinelli, sentito all’udienza precedente, aveva chiarito quali fossero le preoccupazioni del presidente: “La sua era una tensione politica: l’ospedale era infinito; voleva sapere quando sarebbe stato concluso questo ospedale. Diceva di non fare l’ospedale migliore del mondo ma quello che serviva, poi ci sarà tempo per intervenire”. Dichiarazione forse troppo ottimistica, visto che Pinelli e Melchiorri, intercettati, si confidavano in quei tempi che “abbiamo dei massetti che… mah, speriamo nella provvidenza”, e in un’altra telefonata: “Purtroppo ci hanno lasciato un prodotto che non è quello (del progetto, ndr): è scadente”. Con Fulvio Rossi andrà anche oltre: “Sono veramente preoccupato, non solo da tecnico ma da persona”. Ma tanto c’è sempre tempo per intervenire.