Cultura

Andrea Camilleri, i “segnali di fumo” dello scrittore tra pistacchi, comunisti e patelle

Lo scrittore racconta il suo mondo in 142 pensieri affidati alle stampe. Dalla scelta della sinistra, giovane ragazzo nell'Italia fascista, alla morale di Berlinguer fino al culto della giovinezza dilagante in politica che lo riporta proprio al fascismo

di Valeria Gandus

Andrea Camilleri è diventato bisnonno, e la cosa lo immalinconisce perché, mentre con i nipoti ha potuto giocare e dialogare, “con questa creatura, data la mia età avanzata, non farò a tempo nemmeno a comunicare nei modi più elementari. Ci saremo solo sfiorati”. In compenso, il pronipote avrà la fortuna, come noi tutti, di conoscere il bisnonno attraverso i suoi numerosi scritti, l’ultimo dei quali è una raccolta di pensieri (Segnali di fumo, Utet): 142 pensieri, per la precisione (quello sulla malinconia di essere bisnonno è rubricato al numero 87), che spaziano dalla politica alla letteratura, dalle memorie d’infanzia alla cronaca quotidiana.

A volte, ricordi e attualità si mescolano felicemente, come nel pensiero subito successivo, il numero 88, dove Camilleri racconta di una sua zia proprietaria di un enorme campo coltivato a pistacchi che, allo sbarco degli alleati in Sicilia, fece serrare i cancelli, mise di guardia un campiere armato e ordinò: “Che la guerra non entri nella pistacchiera!”. Ovviamente la guerra non solo vi entrò di prepotenza, ma la spazzò via per tre quarti. “Ecco” chiosa Camilleri “quando sento qualche uomo politico sbraitare che è necessario erigere barriere per contrastare il flusso degli immigrati o che bisogna respingerli in mare, mi torna alla memoria la stupida, non miopia, ma assoluta cecità di mia zia”.

Così, fra un ricordo e un aneddoto, Camilleri ci parla di sé e dell’Italia e di come sono diventati. Per esempio, l’Italia fascista dove Camilleri si fece, giovanissimo, comunista: “Mi hanno domandato come abbia fatto a essere comunista appena diciassettenne e ancora col fascismo al potere”. Domanda incompleta, perché “prima ancora di chiedermi come avevo fatto a essere, avrebbero dovuto domandarmi come avevo fatto a non essere. Cioè come avevo fatto a non essere più fascista mentre il mondo che mi circondava, anche quello familiare, parlava fascista”. E scopriamo che è stato “un processo di maturazione assai sofferto, addirittura fisicamente (…) perché tutto avveniva nella solitudine più completa, chiuso per ore e ore dentro la mia stanza a leggere e a rileggere Vittorini e Malraux, che agivano in me come trasfusioni di sangue”.

A proposito di comunisti, non manca un riferimento a Enrico Berlinguer, o meglio, alla celebre intervista a Eugenio Scalfari del 1981 che terminava così: “Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire”. Dunque, osserva Camilleri, “la ricetta per cominciare a uscire dalla crisi italiana (…) era stata già scritta trent’anni prima. Solo che al governo mancava tutto, dal consenso alla credibilità alla capacità di colpire i privilegi”. E oggi?

Oggi abbiamo protagonista della campagna elettorale un ex presidente del Consiglio condannato frode fiscale che attualmente ha in corso un processo per concussione e corruzione di minorenne extracomunitaria, poi da lui spacciata come la nipote di Mubarak con l’avallo di ben 314 suoi accoliti in Parlamento. “Quest’ultima accusa mi pare assai limitativa” afferma Camilleri. “Da quando è sceso in campo, Berlusconi ha corrotto non solo minorenni, ma anche maggiorenni, adulti e anziani. Ha in definitiva corrotto l’Italia”.

Ma abbiamo anche un giovane premier e giovani ministri e, insomma, si è fatto largo il pensiero che, in politica, la giovinezza abbia un valore intrinseco. Camilleri mette in guardia da questa idea. “Credere che la giovane età di un uomo politico sia già di per sé portatrice d’idee innovative a me pare, sinceramente un’avventatezza. Tra l’altro, il fascismo privilegiava i giovani e si è visto il bel risultato. Le idee veramente nuove possono venire tanto dai giovani quanto dalle persone anziane. Le idee non sono un fatto anagrafico, e la politica, soprattutto, è anche maturità ed esperienza. Il vero problema è che l’uomo politico difficilmente si accorge di aver esaurito il suo corso e rimane attaccato al posto di potere come la patella allo scoglio. Ma allora bisogna che i giovani, per scrostarlo, usino la forza delle idee nuove, assolutamente originali. Agitare la carta d’identità con la data di nascita non serve”. Pensiero numero 15 di Andrea Camilleri, 88 anni.

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