I giochi di ruolo alla giapponese sono un genere videoludico molto codificato, con un set di regole e norme scolpite da tre decenni di sperimentazioni, errori e capolavori. Le due serie di Final Fantasy e Dragon Quest rappresentano una specie di canone cui ogni sviluppatore deve confrontarsi. Pochissimi autori americani ed europei hanno provato a confrontarsi con quelli che in gergo sono chiamati JRPG (japanese role playing games) e i risultati, spesso, sono stati tutt’altro che incoraggianti. Ubisoft, l’azienda di Assassin’s Creed, tuttavia ha deciso di dare fiducia a uno dei suoi team canadesi, per la precisione quello con sede a Montreal che, usando lo stesso motore grafico di Rayman Legends, ha lavorato per circa un anno a Child of Light, curioso ibrido fra l’estetica occidentale e le meccaniche di gioco proprie di titoli come Final Fantasy.
Il gioco si ambienta a metà del XIX secolo. Nei panni di una principessa austriaca, dovremo liberarci da un oscuro sortilegio che ci ha confinati a Lemuria, una dimensione parallela un po’ magica e un po’ onirica, sospesa fra la follia e la fiaba. Il team di sviluppo si è ispirato al folkore mitteleuropeo classico, pescando a piene mani dalle leggende danubiane e dalle favole classiche, su tutte La Bella Addormentata di Perrault. Pur affondando le sue radici nei più arcaici ricordi del Vecchio Continente, però, Child of Light rivela anche tutto il gusto, e la passione dei suoi autori, per le grandi produzioni nipponiche: tutti i fondali sono disegnati a mano come negli anime del maestro, e premio Oscar, Hayao Miyazaki, mentre la progressione dei personaggi e il sistema di combattimento mostrano chiaramente la sua derivazione dall’Active Time Battle della serie classica di Final Fantasy. Durante ogni scontro avremo a disposizione due eroi e dovremo temporizzare tutti gli attacchi basandosi su una “barra del tempo” che apparirà sul lato basso dello schermo. Ogni mossa d’attacco e tutte le magie richiederanno un diverso tempo di preparazione e, dunque, sarà necessario stare molto attenti; un attacco rapido, per esempio, può produrre meno danni ma, magari, interromperà la sequenza di caricamento di una magia da parte di un nemico, così come un colpo meno veloce ma più potente potrebbe avere la meglio contro mostri più coriacei. L’idea funziona abbastanza bene tuttavia, rispetto ai giochi di ruolo orientali classici, il team di sviluppo ha operato una drastica semplificazione delle caratteristiche degli eroi e delle armi a nostra disposizione. Dimenticate le tabelle piene di numeri e le lunghissime sessioni di scontri casuali per potenziare il nostro protagonista, Child of Light propone una gestione dei personaggi e dell’inventario ridotta all’osso, il tutto per concentrare l’attenzione del giocatore sulla trama e sullo splendido comparto stilistico dell’intera produzione.
Per creare il mondo di Child of Light, Ubisoft Montreal ha usato il software UbiArt, un set di strumenti di programmazione e design creato da un collettivo di artisti che lavorano in diversi settori dell’azienda. Il sistema permette di creare e animare con estrema facilità giochi bidimensionali in alta risoluzione con una qualità grafica vicina a quella dei grandi cartoni animati dell’era antecedente alla computer grafica. Non a caso, oltre al già citato Miyazaki, Child of Light ricorda anche le atmosfere di un altro grandissimo del cinema d’animazione, quel Wolfgang Reitherman che ha saputo dar vita alle straordinarie visioni di Walt Disney disegnando e dirigendo personalmente capolavori come Gli Aristogatti o La Spada nella Roccia.
Esplorare tutti gli anfratti di Lemuria è un po’ come tornare bambini, sperimentando da protagonisti le fiabe che vedevamo sul grande schermo o ci facevamo raccontare.
Child of Light è disponibile su Xbox 360, Playstation 3, Xbox One, Playstation 4, Wii U e PC.
Articolo a cura di Nicolò Carboni