Dopo la vittoria all’Eurovision Song Contest, la barbuta drag queen austriaca Conchita Wurst continua a far discutere. E le parole più forti, tanto per cambiare, arrivano dalla Russia. Il vicepremier russo Dmitry Rogozin, commentando il trionfo della Wurst a Copenhagen, ha parlato di un risultato che “mostra ai sostenitori dell’integrazione europea il futuro del continente: una donna con la barba”. Ancora più duro, il leader nazionalista Vladimir Zhirinovsky: “E’ la fine dell’Europa: non hanno più uomini e donne, hanno ‘questo’”. Le polemiche russe contro la partecipazione di Conchita Wurst al festival europeo della canzone, erano scoppiate già prima della finalissima in terra danese, quando il parlamentare Vitaly Milonov aveva parlato di “una pervertita, la cui presenza insulta milioni di russi”. E ancora: “La partecipazione del travestito ed ermafrodita noto come Conchita Wurst, sulla stessa scene di cantanti russe in diretta televisiva, è una propaganda per l’omosessualità e un declino morale”.
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Eurovision, la festa di Copenaghen
E proprio queste parole, accompagnate dalle recenti leggi anti-omosessualità volute fortemente da Putin, hanno provocato la pioggia di fischi da parte del pubblico dell’Arena di Copenhagen nei confronti delle incolpevoli sorelle Tolmachevy, rappresentati di Mosca all’Eurovision, che hanno subito continue contestazioni al momento della presentazione e soprattutto quando, dai paesi dell’ex blocco sovietico, arrivavano copiosi punti (alla fine si classificheranno al settimo posto). Ma evidentemente il pubblico russo è meno influenzabile di quanto si possa pensare, visto che in Russia Conchita Wurst ha ottenuto un sorprendente sesto posto: la giuria di Mosca l’aveva relegata in undicesima posizione, ma il terzo posto al televoto le ha permesso di conquistare cinque punti (il massimo è dodici) in terra russa. L’Eurovision Song Contest è una delle manifestazioni più amate dalla comunità Lgbtqi di tutto il mondo, e la vittoria di Conchita rappresenta un segnale di libertà e tolleranza che travalica le solite semplificazioni politiche e ideologiche.
Basti pensare che persino il pubblico musulmano sciita dell’Azerbaigian l’ha piazzata al terzo posto, in netto contrasto con la giuria di Baku, per la quale era addirittura penultima, seguita solo dal rappresentante dell’odiatissima Armenia. Non potevano mancare, infine, le polemiche sui social network. Dopo il trionfo di sabato sera, Conchita Wurst è balzata in testa ai Trend Topic su Twitter, con migliaia di cinguettii di supporto o di indignazione, per una vittoria che ha polarizzato le opinioni trasformando il social più cool del momento in un’enorme dibattito pro o contro la drag queen barbuta. E lei, consapevole di quanto sia divisiva la sua immagine, non si preoccupa più di tanto, si gode la vittoria e lancia il suo messaggio di tolleranza e libertà al grido “We are unstoppable!”, che già molti, anche in Italia, vorrebbero come slogan dei prossimi Gay pride.