Società

Nigeria, studentesse rapite: quanta ipocrisia!

Da qualche giorno gli appelli per la ricerca e la liberazione delle studentesse nigeriane rapite si susseguono senza sosta.

Michelle Obama, il sommo Pontefice, autorità di ogni parte del mondo e una vastissima parte di italiani: basti pensare a tutti coloro che hanno postato messaggi di sdegno e appelli ad interventi di vario tipo sui social network.

Oltre duecento ragazze rapite – la cui successiva vendita per pochi dollari è stata annunciata da tempo da Boko haram – sono certamente un fatto grave. Inumano.

Ma quale differenza c’è, mi chiedo, tra le 200 studentesse rapite in massa e le centinaia rapite una ad una e costrette a battere i marciapiedi in Italia? 

Perché tanto sdegno per questa vicenda e tanta indifferenza per la violenza che ogni giorno si perpetra sotto i nostri occhi indifferenti? Perché facciamo finta di non vedere quello che accade sotto casa nostra e linkiamo appelli per studentesse rapite nello stesso Paese, ma vendute sempre là, invece che da noi?

Come è possibile tanta ipocrisia? Le mogli forse non vedono i loro mariti che vanno con le prostitute? I clienti-padri forse non si accorgono che queste ragazze potrebbero essere le loro figlie?  O forse non sanno che se non ci fosse un fiorente mercato di clienti (loro) senza scrupoli questo fenomeno non esisterebbe? Nessuno si accorge che questo vile crimine, se solo si passasse all’azione e alla denuncia, finirebbe in poco tempo?

E ancora, perché suscita maggiore indignazione un cane abbandonato per strada che una prostituta costretta sul marciapiede?  “Aiuta anche tu i cani bisognosi ed abbandonati” suona forse più doveroso o encomiabile di “aiuta anche tu una prostituta nigeriana rapita e sfruttata in Italia”?

Come a molti altri, anche a me questa vicenda delle studentesse rapite in Nigeria suscita indignazione e disgusto, ma soprattutto per  altri motivi: di ogni violenza che subiscono queste ragazze in Italia siamo inevitabilmente complici, con la nostra indifferenza e la nostra ipocrisia. Una vergogna italiana, come tante altre. L’indifferenza, mai come in questo caso, vuol dire complicità.