Anno Uno, il Servizio Pubblico in versione “young and social” diretto da Giulia Innocenzi, mette in chiaro da subito che il  format punta a declassare l’appuntamento televisivo settimanale a un ruolo paritario (se non addirittura subordinato) rispetto al dibattito corale che si snoda in rete nel corso della settimana. Certo, in attesa di vedere la seconda puntata, quell’artefatto e un po’ bollito “effetto Amici”, con pathos e duelli virtuali che scaldano l’arena telematica e fanno volare hashtag, video-messaggi, like e share come piovesse non promettono nulla di buono; un conto sono le storie (televisive) di invidie, rancori e corna tra aspiranti star, un altro sono tematiche come l’immigrazione, temi sensibili e molto complessi, dove non esistono ricette o soluzioni, e ogni parola pronunciata è sempre di troppo: “regole ferree” “non c’è più spazio”, “i clandestini vanno rimpatriati”, “a casa mia decido io”, “sono tutti rifugiati anche quelli che non scappano da alcuna guerra”, “non possiamo permetterci l’arrivo di altri immigrati”.

Tutte grida al cielo che finiscono per essere niente più che uno sfogo perché la realtà non si muove affatto sulla direttiva “italiano-straniero” ma su un contradditorio reticolo di logica e non logica: in un mondo globalizzato, ha più senso parlare di “lavori italiani per italiani”?

Inoltre, vale la pena fare il buonista ogni tanto, la retorica è cieca ma la logica no (anche se a volte non è semplice coglierla): l’Italia è parte di una comunità internazionale, si è impegnata ratificando Convenzioni e Trattati, a garantire uno standard minimo nell’assistenza umanitaria quindi deportazioni di massa immediate o differite non sono né possibili né auspicabili.

La legge è materia complessa, altro che slogan leghisti. Però, buon senso e le infinite opportunità offerte dall’ “esposizione mediatica” non sempre sono conciliabili: quante altre occasioni potrebbe mai avere la consigliera leghista Susanna Ceccardi, da Cascina in provincia di Pisa, di dividere il pubblico nazionale su una sua uscita (o meglio su una sua polemica?). Lo “scontro” con Prince, il ragazzo africano che l’ha accusata durante il programma di preoccuparsi di più del “suo chihuahua che della vita di un immigrato” è uscito dal tubo catodico per proseguire, ancora oggi, su etere e fibre ottiche. Ma per proseguire, come tutti gli scontri del web, a suon di battute ad effetto e di video-messaggi con la pagina Facebook di AnnoUno a fare da surrogato dello studio. Ottimo risultato: molti ne parlano e ne parleranno, si indigneranno, scoppieranno altri focolai di conflitto-web ma del ruolo pubblico di informare e far riflettere su una tematica tanto delicata, cosa resta? “Queste persone ci costano 30 euro al giorno” no anzi, 45 dice una ragazza e giù i soliti “è colpa dello stato”, “è colpa dell’Ue”, “è colpa dell’abrogazione del reato di immigrazione clandestina”. Insomma siamo alle solite ma questa volta non va in scena uno ‘scontro politico mediato’ ma una certa vox populi, nuda, cruda e crudele, che confonde lucciole con lanterne, come nel caso della rappresentante dei “Forconi” che in studio è intervenuta, dicendosi turbata del fatto che il governo dia vitto ed alloggio ai clandestini (si riferiva ai Cie) affamando invece gli italiani oppure con la squallida battuta della consigliera leghista che considera l’operazione Mare Nostrum – che dovremmo criticare ma per altre ragioni – un servizio di traghetti di linea gratuiti dal Nord Africa.

Da questo marasma di battute ad effetto, enfasi prossime all’isteria ed approssimazione (mai una volta si è sentito nominare il Regolamento di Dublino, mai una volta si è detto che il governo Renzi ha solo depenalizzato “l’ingresso ed il soggiorno” illegali ) si è sviluppato il duello tra il giovane di origine ghanese e la consigliera leghista. Duello che è proseguito ieri con il video-messaggio (ah, quanto è bello fare monologhi) dove tiene banco un grottesco parallelo tra migranti e chihuahua. Tante polemiche, tanto share. Ma l’informazione? Ed il suo ruolo pubblico? Che fine hanno fatto?

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