Il caso Abu Omar fa scoppiare una guerra anche tra Cassazione e Corte Costituzionale. Che il 14 gennaio scorso, accogliendo i ricorsi della presidenza del Consiglio, ha annullato gli atti del processo (che di fatto è retrocesso) stabilendo l’esistenza del segreto di Stato. In virtù di quella decisione la Suprema corte ha dovuto prosciogliere Niccolò Pollari e Marco Mancini, rispettivamente ex numero uno dell’allora Sismi e ex capo del controspionaggio.
Gli ermellini – che il 12 settembre avevano annullato le assoluzioni rinviando gli atti alla corte d’Appello che aveva condannato gli ex vertici del Sismi, scrivono nero su bianco che abbassando il “nero sipario” del segreto di Stato, esteso a dismisura sull’allora servizio segreto – nella vicenda del rapimento dell’ex imam di Milano (17 febbraio 2013) per cui gli unici condannati sono gli agenti della Cia – la Consulta ha abbattuto in radice ogni possibile controllo della magistratura sul potere di segretazione consegnandolo alla discrezionalità della politica. Il segreto di Stato, nel tempo, è stato confermato da tutti i governi: Prodi, Berlusconi, Monti.
La Cassazione, infatti, è stata di fatto costretta a prosciogliere Niccolò Pollari e Marco Mancini. Obtorto collo e solo per “lealtà” istituzionale, la Cassazione – ammettono gli stessi supremi giudici nella sentenza 20447 depositata oggi relativa all’udienza che il 24 febbraio – ha preso atto della “dirompente” e “dilacerante” decisione della Consulta che ha messo al riparo dalle condanne gli uomini dei servizi coinvolti nel rapimento di Abu Omar. “Inaspettatamente” la Consulta ha tracciato “quell’ampio perimetro” di immunità. Che nel caso dell’ex capo centro Cia di Milano, Joseph Romano, è arrivato con la concessione della grazia da parte del presidente della Repubblica.
Nel verdetto sul segreto di Stato emesso dalla Consulta è stata abbattuta “alla radice la possibilità stessa di una verifica di legittimità, continenza e ragionevolezza dell’esercizio del potere di segretazione in capo alla competente autorità amministrativa, con compressione del dovere di accertamento dei reati da parte dell’autorità giudiziaria che inevitabilmente finisce per essere rimessa alla discrezionalità della politica”. Per la Cassazione era quindi “ineludibile” il proscioglimento “ineludibile”. E tutto ciò, prosegue in aperto dissenso la Suprema Corte – che spiega di ‘obbedire’ solo per “neutrale lealtà istituzionale” – “non può non indurre ampie e profonde riflessioni che vanno al di là del caso singolo”. E che attingono i “capisaldi dell’assetto democratico del Paese”.
Nelle precedenti decisioni prese sempre nell’ambito del caso Abu Omar, ad avviso degli ‘ermellini’, la Corte Costituzionale si era mossa “secondo un filone valoriale custode degli equilibri costituzionali”. Per cui aveva stabilito che “il bene della giurisdizione, di primario valore costituzionale, in quanto funzione dello Stato, poteva cedere nell’equilibrio dei poteri, solo a quello della sopravvivenza stessa dello Stato come comunità associata: il confine tracciato era dunque quello del minor sacrificio dell’uno rispetto all’altro“. Pertanto sul sequestro di Abu Omar – “la cui marcata illegalità era a tutti ben evidentemente fuori dei perimetri istituzionali” del Sismi – non era stato posto il segreto di Stato e si era proclamata l’estraneità del Sismi “a qualsivoglia risvolto riconducibile a detto sequestro, non potendo partecipare ad azioni illegali al di fuori delle proprie funzioni istituzionali, come sempre proclamato dal Presidente del Consiglio dei Ministri”.
Invece nel suo ultimo ‘approdo’, la Consulta ha cambiato ‘orientamento’, assumendone uno “francamente demolitorio” di tutti i fatti emersi nel processo agli imputati del sequestro dell’iman egiziano. “In conclusione – scrive amaramente la Cassazione, relatore Umberto Zampetti, presidente Cristina Siotto – risultano coperti da segreto di Stato, ritualmente apposto, le direttive e gli ordini che sarebbero stati impartiti dal direttore del Sismi agli appartenenti al medesimo organismo ancorché fossero in qualche modo collegati al fatto di reato, con la conseguenza dello sbarramento al potere giurisdizionale”. Dunque, per la prima volta, la ‘coperta’ della segretazione si è estesa anche all’area dei comportamenti illegali dei servizi di sicurezza e intelligence mentre prima era “circoscritta” ai rapporti tra i servizi italiani e quelli stranieri “ed agli ‘interna corporis‘, intesi come assetti organizzativi ed operativi di ambito istituzionale” con riferimento “ad attività istituzionale lecita”.