Tre giorni fa a Milano Renzi ha lanciato l'idea di una piattaforma per rendere trasparenti tutti i dati come antidoto alla corruzione. Ma nel 2012 era stato creato dal Miur, in pompa magna, un super comitato per realizzarla. In due anni però non si è mai riunito e i massimi esperti italiani convocati hanno abbandonato uno dopo l'altro
Un cerotto per l’Expo, ma così vecchio che non s’attacca. C’è anche l’adozione della piattaforma “open expo” tra i rimedi promessi da Matteo Renzi per rilanciare l’esposizione universale ammaccata dalle inchieste giudiziarie su tangenti e appalti. Il premier lo ha annunciato a Milano, insieme alla nomina di Raffaele Cantone alla guida dell’authority anticorruzione. Presto tutte le spese, gli appalti, i contratti, i compensi, i bilanci e bollettini vari dovranno essere pubblicati online, così da rendere accessibili e trasparenti tutti i passaggi di denaro. Ottima l’idea, ma non proprio originale, bensì vecchia di due anni. E soprattutto naufragata da un pezzo, per motivi misteriosi.
Un passo indietro: il 7 marzo 2012 si insedia presso il Miur, ministro Riccardo Profumo, l’Innovation Advisory Board (IAB) di Expo 2015, un organismo in cui siedono tutti i partner tecnologici che contribuiranno all’avvio dell’infrastrutturazione informatica e telematica dell’evento. Dentro, per dire, ci sono gli ad di Cisco, Telecom, Accenture. Ma non solo. A coordinare il “lab” è Riccardo Luna, primo direttore di Wired e promotore alla candidatura di Internet al Nobel per la Pace. Che accetta volentieri l’incarico e lancia l’idea di “un grande evento Open Data”: se deve essere la vetrina dell’Italia, questo il ragionamento, “il messaggio più forte che si aspettano i cittadini italiani è che siamo capaci di realizzare un grande evento e delle opere pubbliche, senza rubare soldi pubblici, senza sperarli realizzando cose inutili”. Parole che oggi risuonano come una profezia auto-avverante ma che allora vengono accolte con grande entusiasmo. E #openexpo sia. Si reclutano i massimi esperti in materia che dovranno, a titolo gratuito, delineare le linee guida del progetto di piattaforma trasparente su appalti, contratti e spese.
A marzo vengono invitate a partecipare al comitato anche quattro donne di grande valore, come come Flavia Marzano, presidente di Stati Generali dell’Innovazione, la virologa Ilaria Capua, scienziata di fama internazionale, Loretta Napoleoni, esperta mondiale di economi e terrorismo e Lucia Votano, direttore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Una squadra di serie A in tema di innovazione. Ma per il primo anno la commissione è un fantasma: ufficialmente insediata, non è mai stata convocata e sarà deliberatamente ignorata, fino alle dimissioni “senza effetto e senza eco” del responsabile, Riccardo Luna. Che le racconta così: “Nel gennaio 2012 mi viene proposto di collaborare formalmente con Expo 2015 prendendo il coordinamento di un fantomatico Innovation Advisory Board che era stato appena annunciato e che dopo una prima riunione di insediamento, con fanfare e giornalisti vari, è scomparso nel nulla. Inghiottito dalla solita malattia italiana: l’annuncite, ovvero quel virus per il quale quando una cosa si è annunciata ai media poi non è più importante realizzarla davvero”. Ancora parole profetiche.
Che fanno il paio con altre testimonianze e defezioni. Flavia Marzano, ad esempio, scrive mail su mail per sapere se e quando lo IAB, finalmente, riunirà per la prima volta. Ma la risposta è mai, non una volta in due anni. Altri, come l’epidemiologa Ilaria Capua, si defileranno per manifesta impossibilità di contribuire a un Expo trasparente. La società Expo non fornisce spiegazioni sulla vicenda. Chi ha sabotato l’operazione trasparenza? Segnala però che sulla sezione del sito “amministrazione trasparente” è possibile prendere visione degli atti amministrativi di gestione dell’evento. E “ad oggi sono pubblicati il 90% degli affidamenti già aggiudicati e sezioni dove è possibile ritrovare documenti relativi all’attività societaria”. Il bilancio, la governance e l’organizzazione.
Chi mastica e magari insegna opendata, quasi trasecola: “Scherziamo? Open data vuol dire ben altro”, spiega la Marzano. “Sul sito di Expo non c’è assolutamente nulla. Una piattaforma digitale trasparente offre la disponibilità di interrogare e vedere tutti i flussi di denaro in entrata e in uscita, anche per un solo euro. Riporta pubblicati tutti gli atti, anche quelli interni, relativi a qualsiasi procedimento. Un esempio? Dove sono gli esiti delle commissioni che aggiudicano gli appalti, oggetto dell’inchiesta? Dove i verbali che indicano perché sono state fatte quelle assegnazioni, perché escluse le altre ditte?”. E allora, benvenuta #openexpo. Con una postilla da parte dei professionisti della trasparenza già coinvolti e poi abbandonati: usata come cerotto non attacca, devi averlo prima della caduta.