Amedeo Matacena era intollerante alle regole. E chi ha cercato di farle rispettare è stato per anni bersaglio delle sue interrogazioni parlamentari e dei suoi comunicati stampa trasmessi ai giornali con tanto di carta intestata della Camera dei Deputati. Non è certo con l’inchiesta “Breakfast” che è venuto fuori il carattere dell’ex parlamentare latitante a Dubai che non ha risparmiato attacchi a chi indagava su di lui o chi, semplicemente, aveva il dovere di sottoporre a controllo il suo bagaglio prima che salisse in aereo.

Magistrati e poliziotti: tutti nemici di Amedeo Matacena condannato a 5 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa nel maxiprocesso “Olimpia”. Una sentenza che lui ha giudicato politica ma alla quale si è potuti arrivare grazie alle indagini, negli anni ’90, coordinate dal pool della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidato da Salvo Boemi. Erano anni difficili per la città dello Stretto che usciva dalla guerra di mafia dove furono ammazzate quasi mille persone tra il 1985 e 1991. Gomito a gomito con la Dda c’era il sostituto procuratore nazionale Vincenzo Macrì, oggi procuratore generale di Ancona.

Uno dei massimi conoscitori del fenomeno mafioso in Italia, Macrì è stato sommerso dalle interrogazioni parlamentari di Matacena. Una cinquantina le interpellanze che l’ex deputato azzurro rivolse al ministero di Grazia e Giustizia contro il magistrato reggino. La sua colpa? Avere indagato sui rapporti tra la cosca Rosmini e il parlamentare di Berlusconi.

Il 24 agosto 1995, Matacena sferrò uno degli attacchi più duri contro Enzo Macrì. Fece protocollare alla Camera dei deputati e distribuì ai giornali un comunicato stampa dove veniva riportata la sua richiesta all’allora Guardasigilli Mancuso di sottoporre il magistrato a visita psichiatrica.

È sufficiente rileggere quella nota per comprendere l’astio che il parlamentare aveva nei confronti del pm Macrì definito “soggetto neurolabile”. Con questa motivazione, Matacena ha chiesto al ministro “di conoscere se non si ritenga opportuno, utile, indifferibile ed urgente disporre che il dottore Vincenzo Macrì, sostituto procuratore nazionale antimafia, venga sottoposto a visita medico-collegiale al fine di accertare il suo stato di salute mentale”.

La presunzione raggiunge anche livelli di comicità se si pensa che in quel comunicato non c’è alcun riferimento alle indagini che il magistrato stava conducendo nei confronti del parlamentare. Anzi, quest’ultimo aveva sostenuto che la perizia psichiatrica era “nell’interesse dello stesso sostituto ma, anche e soprattutto, a tutela della giustizia che non può essere in balia di soggetti che, quotidianamente, non perdono occasione per ostentare il loro equilibrio mentale”.

Dalle indagini per mafia ai semplici controlli all’aeroporto. Tra le interrogazioni parlamentari di Matacena c’è anche quella contro un ispettore della Polizia di Stato addetto alla sicurezza nell’aeroporto di Bari. Ormai in pensione, l’ispettore Nicola Montano lo ricorda come se fosse ieri l’episodio avvenuto l’11 giugno 1994. “Nei giorni successivi – dice – al ministero dell’Interno non si parlava d’altro. Ero reponsabile dell’ufficio della Polaria. Per mestiere dovevamo fare i controlli per la tutela del traffico aereo. Si è presentato l’onorevole Matacena con uno stuolo di 5 o 6 persone. Lui doveva partire, si presentò ai controlli e disse ‘Io non devo farli’. Alzò la voce e io con tono sostenuto, ma non gridando, dissi: ‘Onorevole, se lei vuol partire deve fare i controlli, altrimenti non parte’”.

A quel punto, l’ispettore Montana invitò Matacena a dargli il suo documento: “Io le do il mio tesserino – è la frase detta dal poliziotto al parlamentare – e faccia tutto ciò che ritiene opportuno nelle sedi competenti. Sporga le sue lamentele”. “O faceva il controllo o non sarebbe partito. – ricorda ancora l’ispettore – tutte le persone dovevano essere controllate eccetto il bagaglio del corriere diplomatico. Ma la persona del corriere diplomatico doveva sottoporsi al controllo. Era il 1994 quando era stato eletto Berlusconi”.

Alla fine il controllo lo fece e, appena arrivato a Roma, lo stesso Matacena presentò un’interrogazione contro l’ispettore della Polaria, colpevole di aver fatto il proprio lavoro. Con il ministro dell’Interno si è lamentato del comportamento dell’ispettore (“costituisce mancato rispetto dell’istituzione da me rappresentata e di cui faccio parte, di abuso di potere; nonché di violazione di legge”) chiedendo “quali iniziative si intendano prendere a tutela del rispetto dell’istituzione parlamentare; quali sanzioni disciplinari s’intendano adottare nei confronti del su citato ispettore; se non si ritenga che un ispettore che non conosca leggi ed immunità dei parlamentari italiani non possa garantire la tutela dei cittadini, dei loro diritti, dello Stato di diritto e, quindi, debba quantomeno essere degradato”.

“L’atteggiamento di Matacena – il poliziotto Montano commenta così quanto avvenuto quasi 20 anni fa – mi è sembrato qualcosa di più che arrogante. Un parlamentare non poteva arrogarsi assolutamente diritti che non aveva. Poteva chiedermi spiegazioni. Non era una perquisizione ma un controllo di sicurezza”.

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