Il boss Vincenzo Virga ha preso l'ergastolo in primo grado come mandante dell'omicidio del leader di Lotta continua nel 1988. Tre anni dopo il delitto, come documentato in un altro processo, sarà inviato dall'allora presidente di Publitalia a premere sul patron della Pallacanestro Trapani per ottenere una somma di denaro
Uno ha fondato il primo partito italiano degli ultimi anni, oggi è latitante in Libano ma potrebbe essere presto estradato in Italia per scontare sette anni di carcere per concorso esterno a Cosa Nostra. L’altro è un boss mafioso di primo piano, già condannato al fine pena mai, appena ritenuto colpevole dell’assassinio di Mauro Rostagno. Soldi, potere, affari, minacce, politica, mafia: è fatto di questi elementi il file rouge che unisce Marcello Dell’Utri, il braccio destro di Berlusconi, a Vincenzo Virga, il boss di Trapani che ordinò l’assassinio di Rostagno, il 26 settembre del 1988. Per individuare gli assassini dell’ex leader di Lotta Continua ci sono voluti 26 anni: oggi una sentenza, sebbene soltanto di primo grado, li individua in Vito Mazzara, esecutore materiale, e appunto Virga, mandante del delitto.
Tre anni dopo l’assassinio di Rostagno, però, Virga passa da mandante di un omicidio a esecutore di una richiesta di altra natura avanzata proprio da Dell’Utri. Questa volta c’è una somma di denaro da recuperare. È il 1991 e Vincenzo Garraffa, presidente della squadra Pallacanestro Trapani, ha appena ottenuto dalla società Birra Messina una sponsorizzazione del valore di un miliardo e mezzo di lire, con la mediazione di Publitalia, agenzia pubblicitaria di Fininvest guidata da Dell’Utri. Ed è proprio l’ex senatore di Forza Italia a chiedere a Garraffa la restituzione in nero di una parte di quei soldi, per 530 milioni di lire. Garraffa però non è d’accordo, vorrebbe dare a Dell’Utri al massimo il dieci per cento.
L’ex senatore non si accontenta: “Io le consiglio di ripensarci: abbiamo uomini e mezzi che la possono convincere a cambiare opinione” avrebbe detto l’amico di B al patron della Pallacanestro Trapani, durante un incontro a Milano. Parole che si materializzano una mattina davanti a Garraffa con la faccia di Vincenzo Virga, andato a perorare la causa di Dell’Utri insieme a un altro mafioso, Michele Buffa. All’epoca non era ancora di pubblico dominio il rango criminale di Virga: il capomafia di Trapani era ancora considerato Salvatore Minore, in realtà ucciso già nel 1982 dai corleonesi, che piazzarono ai vertici del mandamento trapanese proprio l’uomo poi scelto da Dell’Utri per recuperare il denaro richiesto. Di questo cambio al vertice di Cosa Nostra trapanese gli inquirenti verranno a conoscenza solo nei primi anni novanta.
A Trapani però tutti capiscono subito bene chi è Virga, che nel frattempo – stando a quando deciso dai giudici della corte d’assise – ha già ordinato l’omicidio di Rostagno. Ed è proprio dalle indagini sul boss trapanese che gli inquirenti scoprono il legame tra l’ex senatore e il capomafia. Una vicenda che spedisce Dell’Utri e Virga (Buffa nel frattempo è deceduto) a processo per tentata estorsione ai danni di Garraffa: in primo grado il tribunale di Milano li condanna a due anni.
Poi dopo due rinvii in Cassazione, arriva l’assoluzione: viene confermato l’invio di Virga da Garraffa per conto di Dell’Utri, ma non il tentativo di estorsione. L’ex senatore, secondo gli ermellini, avrebbe “scelto i due personaggi per tentare di risolvere la vertenza non tanto o solo in ragione della loro mafiosità, quanto per la loro intensa precedente e coeva frequentazione amicale con Garraffa”. In pratica il fondatore di Forza Italia inviò il boss di Trapani a chiedere denaro a Garraffa, non perché fosse il capomafia trapanese, ma solo perché facesse mediatore della complessa vicenda. Un boss di Cosa Nostra utilizzato come un normalissimo agente per il recupero crediti. Da uno che vent’anni dopo finirà condannato per concorso esterno.
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