Del Progetto Fori si parla da almeno trentacinque anni. Da quando il sindaco Petroselli piccone alla mano in via della Consolazione, iniziò concretamente il recupero del valore urbanistico dell’area più preziosa dell’archeologia romana. Un articolo di Cederna del dicembre del 1980 sulla edizione romana de il Corriere della sera titolava “Ruspe culturali” al Foro Romano. In quegli stessi anni l’architetto Carlo Aymonino, assessore al Centro Storico, parlava del “più grande problema di scienza urbana del mondo”.
L’estate scorsa il sindaco Marino ha rilanciato il Progetto del “più grande parco archeologico del pianeta”. Anche l’assessore Barca ha più volte sostenuto la sua importanza. Insomma, nonostante alcune resistenze da parte di comitati locali e perplessità da parte di alcuni urbanisti e intellettuali, il progetto è partito.
Con la semi pedonalizzazione del tratto della via che da Largo Corrado Ricci raggiunge il Colosseo. Ed ora anche il via libera dato dalla commissione congiunta Mobilità e Ambiente alla delibera d’iniziativa popolare dell’ottobre 2012 sulla pedonalizzazione graduale della via. Con la possibilità di estendere lo stop al traffico privato anche al sabato e ai festivi. Questo il punto, credo. Finora sembra trattarsi più di un’azione riguardante la mobilità che non di una nuova funzione dei Fori nel contesto cittadino. La discussione su via dei Fori imperiali da un lato si è svolta, si sta svolgendo, tra favorevoli e contrari all’eliminazione della strada e quindi allo scavo del suo ingombro. Dall’altro sta riguardando il tratto della metro C che dovrebbe raggiungere l’area del Colosseo, con relativa stazione. Così da un lato si pensa allo scavo archeologico che dovrebbe restituire unità ad un ambito antico sezionato dalla realizzazione di via dell’Impero. Indagini che potranno contribuire, sicuramente, ad accrescere le informazioni. Come è avvenuto per le indagini realizzate in occasione del Giubileo del 2000 nei fori di Cesare, Nerva e Traiano. Ma il problema, uno dei problemi, è anche questo. Lo scavo archeologico non crea in sé un valore urbano se non è incluso in un progetto. Dunque il rischio è che, così come accaduto per le aree annesse recentemente, non si affronti complessivamente il problema dell’inserimento dell’area archeologica nella città. E che questa continui a rimanere, anche nella sua maggiore estensione, un corpo avulso dal contesto.
La seconda criticità è evidentemente costituita proprio dalla metro C. O meglio dai cantieri che in un crescendo di pericolosa invasività, da Piazzale Ipponio a Piazza san Giovanni fino a giungere a via dei Fori Imperiali, rischiano di compromettere quel che vi insiste. Ho più volte sostenuto e scritto che in particolare il cantiere di via dei Fori imperiali è un pericoloso ordigno piazzato nel luogo più sensibile. Anche qui il rischio è che la questione diventi un referendum tra chi è “a favore” e chi invece è “contrario”. Il rischio è che tutto si banalizzi tra chi è a favore di un nuovo trasporto veloce, a favore della città e chi invece in nome delle antichità se ne dica contrario. Il rischio è che diventi uno scontro tra chi sceglie una città vivibile, proiettata nel futuro e invece chi la vuole ferma, immobile. Non è evidentemente così. Le perplessità che giustamente nascono, ad esempio, sui costi ed i tempi di questa opera, mi piacerebbe si allargassero a comprendere anche il disastro che la realizzazione dell’opera ha già comportato nell’area. E quelli che comporterà al termine dei lavori.
L’impressione è che si sia affrontata la questione con superficialità, senza il rispetto nei confronti della storia della città. Il sindaco ha più volte dichiarato di voler fare dell’area archeologica centrale un luogo di identificazione culturale. Vedendo quel che accade da mesi lungo via dei Fori Imperiali viene il dubbio che non si siano adeguatamente valutate le conseguenze dell’operazione metro C. Immaginando quel che accadrà nei prossimi mesi, nei prossimi anni, il timore è che il Progetto Fori non nasca da un’idea condivisa tra chi presiede l’assessorato alla trasformazione urbana e quanti presiedono agli assessorati alla cultura e ai trasporti e alla mobilità urbana. Il Progetto Fori sembra ad oggi la somma di programmi differenti. Ed è un peccato.
Bernard Tschumi, il progettista, tra l’altro, del parco della Villette a Parigi e del museo dell’acropoli ad Atene, intervenendo sul recente progetto di Raffaele Panella sulla sistemazione dell’area, ha detto: “Ogni intervento moderno nei Fori deve essere molto minimale. Tra le esigenze dei turisti e quelle delle antichità va data priorità ai Fori. Sono una nostalgia romana da rispettare. Bisogna fare attenzione a non inserire i Fori nella società dei consumi, devono restare inconsumabili”.
Eccola, probabilmente, la questione più rilevante. L’elemento imprescindibile. Qualsiasi progetto dei Fori deve contemplare la loro “inconsumabilità”. In fondo come ha dichiarato più volte l’assessore alla Trasformazione urbana, Caudo, bisogna avere rispetto della storia delle diverse parti della città. E in un ambito più globale, bisogna decidere se Roma vogliamo che diventi come Il Cairo oppure come Valencia e Barcellona. Insomma si tratta di delineare con azioni concrete quella visione di Roma, quell’idea di città, che si richiama frequentemente. Ma che sembra ancora mancare. Sfortunatamente.