Lo Stato del Golfo si prepara a giocare un ruolo da protagonista nell'aumento di capitale monstre - due terzi di quelli decisi da tutte le banche italiane messe insieme - annunciato dall'istituto di credito di Francoforte. Gli emiri hanno interessi importanti in Italia (da Valentino alla Costa Smeralda) e sono già soci di Barclays e Credit Suisse
Colpo grosso del Qatar nel cuore del sistema finanziario europeo. Il piccolo e ricco stato del Golfo, che nel 2022 ospiterà i Mondiali di calcio, entra nel capitale di Deutsche bank, l’istituto di credito più esposto al mondo al rischio derivati. L’operazione avverrà nell’ambito dell’atteso – ma annunciato ufficialmente solo domenica sera – aumento di capitale da 8 miliardi dell’istituto di Francoforte, al quale il Qatar parteciperà investendone 1,7 attraverso la Paramount Holdings Services, il fondo d’investimento della famiglia reale, controllato dallo sceicco Bin Jassim Al Thani. Gli emiri compreranno 60 milioni di azioni conquistando il 6% del capitale della banca e probabilmente un posto in consiglio. Un investimento di lungo periodo, come hanno spiegato dalla Deutsche bank, precisando che il Qatar ha intenzione di “diventare un investitore centrale e di rimanere”. Per i tedeschi, insomma, l’arrivo dell’emiro è una notizia decisamente positiva in una fase delicata per l’istituto di Francoforte: inserito dal Financial stability board nella lista delle 29 banche che non possono fallire perché provocherebbero uno shock troppo grande al sistema finanziario mondiale, oggi è agli ultimi posti nell’elenco degli istituti più capitalizzati d’Europa. Basti pensare che la ricapitalizzazione annunciata domenica ammonta a due terzi del volume totale degli aumenti di capitale varati quest’anno da tutte le banche italiane messe insieme (circa 12 miliardi).
Tuttavia non è chiaro quale ruolo giocherà il Qatar nelle future strategie di Deutsche bank – che nel pieno della crisi dei debiti sovrani scaricò 8 miliardi di titoli di Stato italiani poco prima delle dimissioni dell’allora premier Silvio Berlusconi. Finora il Paese del Golfo, che in Europa è tra i maggiori investitori stranieri dopo gli Stati Uniti, si è dimostrato un socio discreto. Anche in Italia, dove ha interessi nel lusso con la maison Valentino, nel mattone con una quota del progetto di riqualificazione urbana Milano Porta Nuova, nel turismo con il Consorzio Costa Smeralda, l’hotel Four Seasons di Firenze e il Gallia di Milano e nell’energia con una quota del rigassificatore di Rovigo. Ciò nonostante la sua presenza in grandi società quotate ha fatto molto discutere in Francia, dove l’emirato ha investimenti che spaziano dall’energia – è primo socio di Total – fino ai media di Lagardère e alla squadra di calcio del Paris Saint-Germain. In altri Paesi del Vecchio continente, invece, il Qatar, noto anche per aver sviluppato una fortissima strategia di comunicazione con in cima la tv Al Jazeera, ha trovato gioco facile. Anche nel cuore del sistema finanziario occidentale, che già in passato è stato oggetto di attenzioni. Nel 2008 Qatar holding, braccio operativo del fondo sovrano Qatar Investment Authority (QIA), e la società Challenger, veicolo di investimento degli emiri, immisero 6,1 miliardi nel capitale della banca britannica Barclays. E oggi Qia detiene il 6% dell’istituto elvetico Credit Suisse, oltre a quote della Bank of America. Quanto basta, insomma, per giocare un ruolo di primo piano nel sistema finanziario europeo.