L'imprenditrice ha annunciato di non essere disponibile per un secondo mandato. "Mio compito è terminato, lascio una Fondazione senza debiti e con un patrimonio liquido di 450 milioni che le permetterà di partecipare alla prossima ricapitalizzazione da 5 miliardi della Banca". Martedì la riunione della Deputazione amministratrice, in scadenza il 9 giugno
Reazione tiepida, a piazza Affari, all’annuncio che Antonella Mansi – da settembre 2013 presidente della Fondazione Mps – non è disponibile per un secondo mandato. Banca Monte dei Paschi di Siena, nel cui capitale la fondazione è scesa sotto la sua gestione dal 30 al 2,5%, ha chiuso la seduta di lunedì in calo dello 0,23%. Domenica la quarantenne imprenditrice senese, che nel dicembre scorso ha vinto il braccio di ferro con Alessandro Profumo ottenendo il rinvio da gennaio a giugno dell’aumento di capitale di Mps, in un’intervista al Sole 24 Ore aveva dichiarato: “Il mio è stato un servizio al territorio e la durata di soli otto mesi era stabilita dallo statuto. L’esperienza era a termine e dunque è normale che pensi a recuperare pienamente la dimensione imprenditoriale”. Cioè all’azienda di famiglia, la Nuova Solmine, produttrice di acido solforico. Ma, si sussurra, nel futuro di Mansi potrebbe esserci anche la corsa per la guida di Confindustria, di cui oggi è vicepresidente con delega all’organizzazione. E non manca chi pensa a una scelta studiata per puntare l’anno prossimo, se non ci saranno sorprese prima, direttamente alla presidenza di Mps, al posto di Profumo. Lei conferma solo di voler tornare a fare la manager d’azienda e dice no a qualsiasi ipotesi di proroga a Palazzo Sansedoni: “Non ho interpretato il ruolo di presidente come una forma di carriera”, la spiegazione. Possibilità di farle cambiare idea, come il sindaco della città, Bruno Valentini, ancora domenica sperava? “Non sono una persona che parla a vanvera, né ho fatto una dichiarazione per farmi trattenere”, è la risposta data in un’intervista al Corriere della Sera. Intervista nella quale, parlando dell’ex ad di Unicredit, si limita a dire: ”Ci siamo incrociati professionalmente in una fase che non ci ha consentito di lavorare assieme, rappresentando istituzioni diverse”.
L’annuncio, si è saputo in seguito, era stato anticipato ai consiglieri della Deputazione generale e della deputazione amministratrice (l’equivalente del cda) per posta elettronica, con una mail che ribadiva i risultati ottenuti nel corso del mandato: “Il mio compito è terminato: l’ente è senza debiti e ha un patrimonio di 450 milioni di euro“, recita tra l’altro il testo. Ricordando poi come la Fondazione abbia intenzione di partecipare per la propria quota all’aumento di capitale da 5 miliardi della banca – che probabilmente riceverà il via libera dall’assemblea straordinaria mercoledì 21 maggio – a fianco dei nuovi soci dell’ente, Fintech e Btg Pactual, con cui ha stretto un patto di sindacato sul 9% del capitale.
Martedì 20 maggio la Deputazione generale avvierà il percorso per il rinnovo della Deputazione amministratrice, in scadenza il 9 giugno. Era già all’ordine del giorno, insieme a una prima analisi del bilancio, ma ora la novità è che i deputati dovranno iniziare a pensare a chi affidare le redini della Fondazione che, grazie al patto di sindacato, potrebbe restare maggioranza tra i soci della banca (anche se l’altro risultato rivendicato dalla Mansi, in un’intervista a Repubblica, è proprio l’aver “rotto la ‘sindrome dell’azionista di controllo'”). Stando a indiscrezioni, tra i nomi al vaglio ci sarebbero quelli di Enrico Totaro – membro della Deputazione, alle spalle una carriera trentennale in Mps – e Francesco Maria Pizzetti, giurista e fino al 2012 presidente dell’Autorità garante per la privacy.