“Tutti noi abbiamo bisogno di credere in qualcosa: io credo che tra un attimo mi farò una birra”. Il governo brasiliano guidato da Dilma Rousseff deve aver pensato alle parole di Homer Simpson e alla sua voglia di Duff prima di alzare le tasse sulla birra e sulle bevande analcoliche nel Paese sudamericano. Il ministro delle Finanze, Guido Mantega, ha recentemente annunciato di aver trovato un accordo con produttori e gestori di bar e ristoranti per evitare un aumento in concomitanza dei Mondiali di calcio, facendo slittare così a settembre la nuova imposta prevista per il prossimo primo giugno. Una buona notizia per i tifosi locali e per gli oltre 600 mila appassionati attesi nel Paese verde-oro da ogni parte del mondo.

Brasile, proteste contro spese sostenute per ospitatre i Mondiali di calcioCome segnalato dall’Ansa, una bottiglia di birra da mezzo litro, prodotta in Brasile, oggi costa in media in un supermercato circa 0,60 euro mentre nei bar il prezzo va dai 2 ai 4 euro, dove la bionda  – chopp o chope – è sempre la bevanda più consumata, oltre ad essere una delle più antiche prodotte dall’uomo e risalente almeno al V millennio a.C. . Di sicuro in questo momento l’accisa sulle bevande alcoliche e analcoliche è l’ultimo dei problemi, sia per la gente del luogo che per il Brasile stesso. Un Paese che, a meno di un mese dal fischio d’inizio ufficiale, è ancora un cantiere a cielo aperto. Un Paese in ritardo e a rischio sicurezza. Preoccupato e angosciato, spaventato dalle bande armate delle favelas, con la criminalità che cresce in continuazione e il boom di rapine, omicidi e furti negli ultimi mesi. Un Paese non ancora pronto, forse solo e soltanto per scelta politica, con stadi incompleti che crollano come il sistema, causando vittime e disperazione. Un Paese diviso tra il sogno della sesta coppa, da vincere sul campo, e l’incubo dei disordini e della violenza, da sconfiggere sul territorio. Un tormento che non fa dormire le autorità e che rappresenta una costante minaccia per la manifestazione. Ecco perché il governo ha avviato un piano sicurezza coinvolgendo le forze dell’ordine per arginare, oltre alle proteste violente, anche eventuali attacchi terroristici.

Più di 50mila militari, 21mila saranno a disposizione della cosiddetta forza di contingenza e altri 30mila soldati, agiranno alle frontiera con posti di blocco in punti strategici per bloccare il traffico di droga e armi e l’immigrazione clandestina. Ma la Fifa continua ad aver paura . Proprio in questi giorni sono degenerate in scontri tra polizia e manifestanti le dimostrazioni anti-Mondiali in diverse città, da Recife a Rio, da Belo Horizonte a Porto Alegre, contro le spese affrontate dal governo (i manifestanti accusano le autorità di aver speso troppi miliardi per la costruzione di impianti sportivi, e neanche un dollaro per progetti sociali) e lo sgombero di 2.800 famiglie dai quartieri intorno allo stadio di San Paolo. Gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni dopo che i dimostranti hanno iniziato a lanciare pietre e incendiato pneumatici per bloccare le strade. “Non avremmo mai immaginato che così tanta gente in Brasile avrebbe protestato con l’avvicinarsi del Mondiali”, dice Tomas Ramos del movimento Ocupa Copa (Occupy la Coppa), come riporta il Guardian. Mentre continuano gli arresti, che ormai non si contano più, i movimenti di protesta parlano di oltre 15.000 persone per il raduno in piazza previsto il 12 giugno per la partita inaugurale Brasile-Croazia. “Preparatevi! La Sesta sta arrivando” c’è scritto sul bus della Seleçao, mentre per le strade c’è chi urla e chi scrive sui muri “Nao vai ter copa” (non ci sarà la coppa) “Na Copa vai ter luta” (durante la Coppa del mondo ci sarà lotta), e nei bar si continua a consumare birra. Un po’ per piacere, un po’ per non pensare e un po’ per guardare avanti con spensieratezza. E forse in questo momento l’unica soluzione per sognare ad occhi aperti un Brasile diverso è entrare in un bar, bere una pinta di birra e alzarla al cielo, come hanno fatto Hilderaldo Bellini (1958), Mauro Ramos (1962), Carlos Alberto Torres (1970), Dunga (1994) e Cafù (2002) con la Coppa del Mondo.

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