Sarà l’estate che ci avvicina, sarà la crisi o magari, solo, l’italica e atavica difficoltà di confrontarsi con l’innovazione e l’evoluzione dei mercati ma in una manciata di giorni, sul “banco degli imputati” dell’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, sono stati invitati a salire tre dei giganti del turismo online globale: Booking.com, Expedia e Tripadvisor.
Le prime due piattaforme di prenotazioni online ci sono state trascinate da Federalberghi che sembrerebbe rimproverarle di abusare della propria posizione dominante mentre il popolare sito di recensioni turistiche online, ci è stato trascinato dall’Unione Nazionale consumatori.
I consumatori rimproverano a Tripadvisor di trarli in inganno, consentendo la pubblicazione online di false recensioni – o non facendo abbastanza per scongiurare tale rischio – e non chiarendo sufficientemente se e quando il posizionamento di una struttura alberghiera tra i risultati di una ricerca è condizionato da un accordo di sponsorizzazione tra la struttura medesima ed il popolare sito.
Federalberghi, invece, ha chiesto all’Antitrust di verificare se la circostanza che Booking.com ed Expedia esigano dalle strutture alberghiere di garantire ai propri clienti il miglior prezzo disponibile rappresenti un elemento di distorsione della concorrenza, inaccettabile da parte di soggetti divenuto leader di mercato.
Storie diverse e, peraltro, non nuove con un denominatore comune: sono tutte indice sintomatico di una crescente insofferenza dei protagonisti del turismo online – che si tratti delle strutture alberghiere o dei consumatori – rispetto ai giganti del mercato dell’intermediazione turistica.
Sembra di ritrovarsi già alla fine di una parabola e sembrano lontani decenni – mentre sono, invece, solo qualche calendario più in là – gli anni nei quali le strutture alberghiere ed i consumatori utilizzavano con straordinario entusiasmo i servizi di recensione e prenotazione turistica online.
Si tratta – è bene sottolinearlo per evitare equivoci – di una parabola “emotiva” con qualche deriva “giudiziaria” che, tuttavia, non sembra ancora, a giudicare dai numeri straordinari e dalla crescita esponenziale dei fatturati, aver intaccato le abitudini di uso e consumo delle piattaforme di turismo online.
Sarebbe però grave ignorare tanto forti segnali di insofferenza da parte di consumatori, albergatori e ristoratori.
Se un consumatore smette di fidarsi della bontà ed autenticità delle “apparenti” recensioni di altri consumatori che, sin qui, hanno orientato le proprie scelte di consumo meglio di quanto non lo avessero mai fatto in passato nelle guide stellate degli editori griffati, un problema evidentemente esiste e non è di poco conto.
Allo stesso modo se una struttura alberghiera dopo aver fatto a gara, negli anni passati, per salire a bordo di una delle grandi piattaforme di prenotazione online, oggi sembra lamentarsi di non riuscire a scendere, qualcosa non funziona o, almeno, qualcosa si è rotto.
Impossibile, per chiunque abbia a cuore turismo, mercato e innovazione non interrogarsi sulle cause di quanto sta accadendo – naturalmente non solo in Italia ma, sebbene con gradazioni diverse, ovunque nel mondo – e provare a correre ai ripari.
I giganti del web turistico hanno “passato il segno” e peccato di ingordigia ed avidità?
I consumatori non hanno ancora raggiunto un sufficiente grado di alfabetizzazione e cultura digitale e, dunque, non sono ancora in grado di confrontarsi in modo consapevole con rischi ed insidie che, inesorabilmente, rappresentano il lato oscuro di ogni tecnologia e sistema di mercato? Albergatori e ristoratori sono impreparati al confronto diretto e di massa con i loro avventori, poco inclini ad accettare le critiche ed a non poter più nascondere grandi e piccoli vizi e difetti dello loro strutture e dei loro servizi?
A ciascuna di queste domande, forse, potrebbe essere data risposta almeno parzialmente positiva.
C’è però – e non può essere taciuto – una sottile linea rossa che unisce queste vicende a quella, non troppo dissimile, che vede, da mesi, i tassisti milanesi salire sulle barricate con Uber, la popolare app che consente la prenotazione di automobili a noleggio con conducente: in tutti questi casi, infatti, chi avrebbe potuto e dovuto governare i nuovi fenomeni di mercato e garantirne uno sviluppo equilibrato ha preferito girarsi dall’altra parte o, semplicemente, non si è reso conto di quanto stava accadendo.
Intendiamoci non serve una legge per ogni nuovo servizio online ma, probabilmente, se lo Stato iniziasse a prendere la buona abitudine di studiare, per tempo, l’evoluzione dei mercati e si facesse, magari, promotore di codici di co-regolamentazione o, anche, semplicemente di autoregolamentazione scritti a più mani in un approccio multistakeholder, si eviterebbe di ritrovarsi a discutere di certe derive quando, forse, è troppo tardi.
C’è da augurarsi che anche di questo si occupi il laboratorio digitale per il turismo di recente lanciato dal Ministro per i beni e le attività culturali ed il turismo, Dario Franceschini.