Nella relazione sulla gestione finanziaria dell'ente per 2011 e 2012 i magistrati contabili scrivono che l'utilizzo di Cdp da parte dello Stato come "strumento di intervento pubblico nell’economia" ha determinato un aggravio delle spese di struttura, salite da 93 a 111 milioni. del 2012. Colpa dell'incremento degli organici, della costituzione di nuovi veicoli di investimento ma anche di voci come "spese informatiche" e "pubblicità"
Il ruolo della Cassa depositi e prestiti come “braccio finanziario” con cui lo Stato interviene nell’economia diventa sempre più cruciale. E il risultato, guarda caso, è che i costi della struttura lievitano. A rilevarlo è la Corte dei Conti, nella relazione sulla gestione finanziaria di Cdp per gli esercizi 2011 e 2012. I magistrati contabili, nelle loro valutazioni conclusive, scrivono testualmente che “la finalità dello Stato di valersi di Cassa depositi e prestiti quale strumento di intervento pubblico nell’economia è stata in larga misura attuata nel corso degli esercizi di riferimento” ma ha “determinato un incremento dei costi di struttura” del 19,8% anno su anno: dai 93 milioni del 2011 ai 111 del 2012. Colpa dell’incremento degli organici – i dipendenti sono saliti in due anni da 434 a 524, tra cui 45 dirigenti – e delle spese legate alla costituzione di nuovi veicoli di investimento, in particolare il Fondo strategico italiano (la holding che negli ultimi due anni ha acquisito tra l’altro quote di Generali, Metroweb, Ansaldo Energia e Hera). Dalla Corte arriva insomma – il giorno dopo le “rivelazioni” del presidente Franco Bassanini sulle pressioni ricevute per impegnarsi su alcuni dossier – un’ulteriore conferma del pesante influsso della politica nella gestione della Cassa. Che d’altronde è una controllata all’80% del ministero del Tesoro.
Basta esaminare il dettaglio dei costi di struttura, tuttavia, per notare che a gonfiarsi, ben più che le spese per il personale, sono state quelle informatiche (passate da 10 a 18 milioni, +79,9%, per “l’attuazione degli specifici interventi inseriti nel Piano industriale 2011-2013), per servizi professionali e finanziari (da 5,38 a 8,8 milioni, +64,7%) e per pubblicità e marketing (da 2 a 2,5 milioni, +24,4%). “Costi sostenuti per la promozione della conoscenza dell’ambito di operatività della Cassa”, spiega la relazione dei magistrati contabili.
I risultati economici del gruppo, comunque, vengono valutati nel complesso positivi. Il patrimonio netto è salito nel 2012 a 16,8 miliardi, +16% rispetto nel 2011, il margine di interesse è cresciuto esponenzialmente dagli 1,65 miliardi del 2010 ai 2,3 del 2011 fino ai 3,5 del 2012 e l’utile ha raggiunto i 2,8 miliardi, con un incremento del 77% dovuto in larga misura all’impatto positivo della plusvalenza derivante dalla parziale cessione delle azioni Eni. Anche il risultato netto della gestione finanziaria è passato da 2 a 3,6 miliardi. Quanto ai dividendi, però, nel 2012 l’azionista pubblico e le Fondazioni bancarie (che hanno il 18% del capitale) hanno dovuto accontentarsi di incassare 371 milioni, contro i 700 dell’anno prima: un calo del 47%. Invece la Cassa, grazie alla partecipazione nel Cane a sei zampe e a quella in Terna, ha ricevuto per ognuno dei due esercizi cedole per circa 1,2 miliardi.