Timothy Geithner è stato il Segretario al Tesoro Usa nel primo quadriennio di Obama presidente, ed è stato quello che, insieme a Bernanke, capo della Federal Reserve Usa, ha avuto le maggiori responsabilità in materia economica su ciò che l’amministrazione Obama faceva per risolvere la gravissima crisi finanziaria che si era scatenata nel 2008.
Finora, forse a causa del fatto che non ha completato il suo lavoro di portare il paese fuori dalla crisi e non ha seguito Obama nel suo secondo mandato presidenziale, nessuno lo aveva risolutamente preso di mira per la sua inconcludenza nel risolvere la crisi, ma ora è stato proprio lui ad uscire allo scoperto con la pubblicazione del libro Stress Test nel quale si autoincensa per l’efficace lavoro svolto (insieme a Bernanke) nell’evitare il tracollo economico e un grave periodo di depressione economica che l’America aveva già conosciuto nella prima meta del secolo scorso.
Geithner dice nella sostanza che se non ci fosse stato l’asfissiante ostruzionismo del Partito Repubblicano, che nel 2010 ha riconquistato la maggioranza politica nella Camera dei Rappresentanti del Congresso, le cose sarebbero andate certamente molto meglio.
Ma non tutti sono d’accordo con lui nello scaricare tutta la colpa sui repubblicani. Due notissimi economisti, per esempio, Atif Mian, che insegna a Princeton, e Amir Sufi, che insegna a Chicago, ritenuti in Usa i maggiori esperti in campo immobiliare, dicono nel loro libro House of debt, uscito quasi in contemporanea col libro di Geithner, che il governo si è adoperato troppo nel salvataggio delle banche e troppo poco invece in quello per salvare la gente travolta dalla gravissima crisi economica. Milioni di persone sono state letteralmente buttate fuori dalla loro casa, altrettante hanno sofferto lunghissimi mesi e anni di disoccupazione, ma il governo ha fatto molto poco per loro.
Fin dal principio, nel 2008, la politica è intervenuta massicciamente nel salvataggio delle banche, tant’è vero che già nel 2010 tutte le grandi banche americane (salvo la Lehman Brothers, fallita nel 2008) potevano già dirsi fuori dalla crisi (infatti hanno ricominciato subito a macinare utili massicci e paghe ancor più scandalose per i manager).
La crisi finanziaria quindi, grazie al sostegno operato dal governo, è durata solo due anni, quella economica invece, per certi versi non è risolta nemmeno ora, dopo sei anni.
La causa è tutta (secondo i due economisti) da vedere nel mancato sostegno al comparto immobiliare. E’ noto infatti che negli Usa la casa è usata largamente dalla gente come riserva finanziaria per sostenere le spese anche dei consumi ordinari.
Finché il valore delle case saliva costantemente ogni anno di qualche punto percentuale, i proprietari delle case avevano la possibilità di finanziarsi accendendo un nuovo mutuo per il valore incrementale della casa. Il mutuo veniva concesso con molta facilità, così il proprietario poteva disporre del denaro necessario ad estinguere i debiti di breve periodo (carte di credito, prestiti finanziari, spese sanitarie, ecc.). Quando il valore delle case è crollato per effetto della crisi, tutto il castello di carte è andato giù di colpo.
Dicono Mian e Sufi: “Il motivo è tutto riconducibile al fatto che la casa americana è fatta di debiti” (House of debt, come hanno titolato il loro libro). Quindi citano nel libro un fenomeno esemplificativo: “Per ogni 10.000 dollari di declino nel valore della casa, le famiglie che hanno un debito elevato riducono la loro spesa mensile per l’automobile di 300 dollari, quelle con debito basso la riducono di soli 100 dollari”. “Questa è la prova che la crisi del comparto immobiliare incide direttamente e pesantemente sull’andamento economico del paese, perché prova che la crisi toglie propensione alla spesa proprio su quelli che maggiormente sostenevano i consumi”.
“La crisi del comparto tecnologico dell’anno 2000, è stata, in termini di valore finanziario perso dal comparto interessato, più o meno come quella del 2008, eppure ha prodotto danni economici infinitamente minori”. “Se il governo avesse messo in campo nel 2008 per la ripresa del comparto immobiliare gli stessi aiuti che ha dato alle banche, saremmo già fuori dalla crisi da un pezzo!”.
E in che modo avrebbe dovuto farlo?
Un modo è contenuto direttamente nella preghiera del “Padre Nostro” (… rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori …). Ed è un modo meno fantasioso di quel che può sembrare. Infatti accade normalmente che un debito venga cancellato in tutto o in parte tramite le leggi che regolano i fallimenti. Il creditore, che soprattutto nella crisi del comparto immobiliare americano ha grosse responsabilità nella concessione di mutui troppo facili, verrebbe chiamato così a condividere la responsabilità della grave crisi, e quindi ad assorbire almeno in parte la perdita di valore dell’immobile, riducendo proporzionalmente il mutuo.
Su questo punto è d’accordo anche il premio Nobel Krugman, che nel suo articolo di domenica scorsa punta il dito contro Geithner per dire che non può dare tutta la colpa all’ostruzionismo repubblicano, questa cosa poteva farla anche senza l’appoggio dei repubblicani nel Congresso.
Riducendo il debito dei soggetti finaziariamente più deboli l’economia si rimette in moto molto più velocemente, questo è un dato di fatto matematico su cui ovviamente non tutti sono d’accordo, ma è innegabile.
Tuttavia, anche se nei due libri citati in questo articolo la crisi del comparto immobiliare americano appare come causa centrale della grande recessione, personalmente (come ho già scritto anche in precedenti articoli) condivido di più il parere di Bernanke che commentando il libro di Geithner sostiene che la crisi del mercato immobiliare, cominciata negli Usa nel 2007, ha innescato il crollo dei mercati nel 2008, ma si è fermata nel 2009 insieme a quella generale dei mercati, grazie ai robusti sostegni finanziari offerti dalle banche centrali. Il lento ricovero negli Usa, ma soprattutto in Europa, è dovuto ad altri fattori, specialmente i fortissimi tagli alla spesa pubblica.