Yoani Sanchezè stata per anni coccolata e portata in palmo di mano dall’informazione italiana come un fulgido e radioso esempio di intellettuale dissidente nei confronti del regime cubano. Aveva vinto diversi premi giornalistici grazie al suo blog Generación Y (l’edizione italiana era ospitata dal quotidiano torinese La Stampa).
Veniva descritta come un simbolo della lotta contro l’autoritarismo e la censura cubana, di lei. In effetti c’erano diversi esperti di questioni cubane e latino americane che avevano dei dubbi su molti passaggi che facevano parte dell’epopea della Sanchez, ma erano stati messi in disparte quasi fossero pericolosi filo governativi castristi.
Oggi Yoani Sanchez ha per lanciato un suo giornale online intitolato 14ymedio, che si autodefinisce: “Il primo media indipendente del Paese, uno spazio per raccontare Cuba dall’interno”. Per fare questo Yoani Sanchez ha disdetto il suo contratto con il quotidiano La Stampa. A questo punto è saltato fuori a sorpresa il suo biografo e traduttore Gordiano Lupi che da “pentito” ha raccontato un sacco di cose sul suo blog a proposito della Sanchez, dando credito immediato ai pochi ma qualificati che hanno descritto la blogger cubana come una montatura ben ordita, un fantastico bluff a cui hanno creduto in buona o cattiva fede in molti, forse troppi.
Eccone un estratto:
Adesso che non ho più alcun legame e che gli interessi della blogger più ricca e premiata del mondo vengono gestiti dalla sua agente, Erica Berla, posso togliermi i sassolini dalle scarpe. Mi stavano facendo un male… Ho avuto il torto di credere nella lotta di Yoani Sánchez ritenendola una lotta di David contro Golia, una lotta che partiva dal basso per colpire il potere, una lotta idealista per la libertà di Cuba. Mi sono dovuto rendere conto – a suon di cocenti delusioni – che l’opposizione di Yoani era lettera morta, per non dire di comodo, come per far credere al mondo che a Cuba esiste libertà di parola. Ho cominciato a dubitare che Yoani fosse non tanto un’agente della Cia – come dicevano i suoi detrattori – quanto della famiglia Castro, stipendiata per gettare fumo negli occhi. Ma anche se non fosse niente di tutto questo, basterebbe il fatto che mi sono reso conto di avere a che fare con una persona che mette al primo posto interessi per niente idealistici. Una blogger che conduce la sua vita tranquilla, che a Cuba nessuno conosce e che nessuno infastidisce, che non viene minacciata, imprigionata, zittita, che non ha problemi a entrare e uscire dal suo paese.