Giovedì 22 maggio segna l’inizio del weekend delle elezione europee. Oggi si vota nel Regno Unito e in altri stati e via via nei prossimi giorni tutti gli altri membri dell Unione metteranno quella decisiva X sulle schede. Questa elezioni sono sentite in modo particolare in tutta la Ue per qualche particolare motivo differente dal proprio vicino ma sono tutti legati dallo stesso filo conduttore: quello delle pericolo di fallimento del progetto “Unione Europea” e del degrado economico del vecchio continente.
In tutti in media del nostro continente, e in molti del resto del mondo, si scrive del peso enorme che queste elezione avranno nel futuro europeo e la domanda che direttamente o che tra le righe viene pronunciata è la seguente: cosa ne sarà della Ue?
Qui nel Regno Unito questo voto è seguito con estrema importanza: dibattiti, statistiche e ogni singola sillaba pronunciata da politici, imprenditori, accademici e cittadini vari vengono analizzati con estrema, quasi maniacale attenzione per aver un idea chiara del futuro imminente del paese. E non c’è da dagli torto: oltre alle elezioni europee qui si vota anche per le amministrazioni di moltissimi consigli municipali e, ad un anno dalle elezioni generali del 2015, si può già chiaramente intuire quale strada il Regno Unito intenda prendere.
Questo stato si trova attualmente di fronte ad un bivio che è decisivo per il proprio futuro: con la Ue o senza la Ue. Sono anni che il dibattito su questo argomento va avanti ma negli ultimi dodici mesi questo tema si è rivelato uno degli argomenti più importanti per tutti i partiti britannici. Laburtisti, Lib-Dem e Verdi sono categoricamente pro-Ue mentre lo Ukip e partiti minori di desta sono anti-Ue. E i Tories? Loro sono quelli che a malavoglia si trovano in mezzo e che perderanno voti o addrittura le prossime elezioni generali indipendentemente della scelta che verrà addottata. I conservatori sono assediati senza via di scampo dagli alleati Lib-Dem, dalla frangia più conservatrice – e sempre più ampia – dei Tories e dello Ukip. I primi non vogliono assolutamente accettare neanche l’idea di uscire dall’Unione, i secondi vogliono il referendum sulla Costituzione europea e in generale l’indipendenza da Bruxelles per quanto riguarda le politiche nazionali e i terzi sono per un freddo addio. Insomma, per Cameron, sono ore di estrema tensione e frenetica attesa.
Il vero protagonisti però dei dibattito politico è lo Ukip. Tutti aspettano con impazienza di sapere se il partito di Nigel Farage si confermerà ancora una volta come l’ammazza grandi. Un anno fa lo Ukip fu la sopresa delle elezioni amministrative e molti sono convinti che il partito si possa riconfermare anche in queste elezioni. Farage – come già analizzato dal sottoscritto in un vecchio post su ilfattoquotidiano.it – aveva trasformato un partito senza leadership, senza idee e senza futuro in un movimento organizzato capace di dare voce a quei conservatori – e non solo – delusi dalla linea politica di Cameron. Lo Ukip è la sorpresa degli ultimi anni e un grave pericolo non solo per i Tories ma anche per le altri due grandi, Labour e Lib-Dem. Nel Regno Unito si dice che il partito non sia altro che un movimento di bigotti e razzisti camuffato da partito serio. Farage fin ora è stato abile e credibile nel porre rimedio a qualche incidente di stampo razzista causato dal qualche membro del suo partito, ma è stato ancor più intelligente nel proporsi lentamente ma in modo continuo e organizzato come l’alternativa conservatrice. Il primo ministro è pienamente a conoscenza della minaccia e dopo il pesante e decisivo errore di valutazione dell’anno scorso è intento a non concedere ulteriore terreno a Farage, ma il leader dello Ukip ha il coltello dalla parte del manico e Cameron – senza farlo troppo notare – lo sa e trema.
Lo Ukip è all’assalto e il loro slogan in queste elezioni non poteva che essere solo uno: “Nigel Farage ridarà voce alla Gran Bretagna”.
Oggi non si decide solo il futuro dello Uk in Europa ma anche il futuro di Cameron e Farage.
di Cristian Sacchetti, studente alla University of Westminster e giornalista freelance (http://cristiansacchetti.