E' uno dei risultati dell'applicazione del nuovo sistema di contabilità pubblica Esa 2010, che avrà effetti positivi sul valore del prodotto interno lordo. Sarà problematico, però, misurare attività che per loro natura si sottraggono a ogni forma di rilevazione. E gli uffici studi avvertono: servizi illegali avrebbero impatto significativo sul Pil solo se liberalizzati
Traffico di droga, prostituzione e contrabbando di sigarette o alcol dovranno essere inseriti nel conto economico dell’Italia. Ed è quello che l’Istat farà dal prossimo 3 ottobre, attuando le linee guida dell’Eurostat, l’ufficio statistico della Ue. In autunno, infatti, entrerà in vigore in tutta Europa Esa 2010, un nuovo sistema di contabilità pubblica destinato ad avere effetti positivi sul valore del prodotto interno lordo di gran parte dei Paesi dell’Unione. L’obiettivo è arrivare a “un’applicazione omogenea degli standard già esistenti”. Nella nuova versione dei conti, per esempio, le spese in ricerca e sviluppo sono considerate come spese di investimento. Ma l’altra novità è rappresentata, appunto, dall’inserimento nel calcolo del Pil di alcune attività illegali. Un passo per niente semplice da gestire, evidentemente. Innanzitutto per la misurazione di questo tipo di attività che, per evitare di incorrere in sanzioni legislative, si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione. Secondo ultime stime del Procuratore Nazionale Antimafia, la droga è comunque il mercato più “ricco”: quasi 25 miliardi di giro d’affari.
L’Istat, va detto, già inserisce nel Pil il sommerso economico, ovvero tutte quelle attività di produzione che, pur essendo legali, sfuggono al controllo diretto attraverso il sistema di frode fiscale e contributiva. Le ultime stime in questo senso risalgono al 2008 e indicano come il valore aggiunto prodotto nell’area del sommerso sia stimato tra un minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro, per un peso percentuale sul Pil che si aggira tra il 16,3% e il 17,5%.
Molti uffici studi, tuttavia, frenano sull’effetto dell’inserimento di droga e prostituzione nel Pil: non ci sarà nessun “salto” proporzionale alla tendenza all’illegalità, avvertono, perché il vero cambio di passo si potrebbe paradossalmente ottenere solo se questi ‘servizi’ fossero liberalizzati. Solo così i minori costi e le maggiori entrate fiscali potrebbero essere conteggiati realmente all’interno del prodotto. Mentre la nuova metodologia, oltre alle difficoltà legate ad una stima del fenomeno, si limiterà a fotografare attività che sono già in corso e non impattano sulla crescita effettiva di un Paese.
Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro ed ex presidente dell’Istat, ha commentato dicendo che si tratta di “un passo utile e importante per i conti nazionali sempre più rappresentativi dell’effettiva attività produttiva di un Paese, ivi compresa quella, purtroppo, illegale”. Stupefatta, invece, la reazione del senatore Carlo Giovanardi, secondo il quale “quando si va sul piano dell’illegalità si possono fare solo dei calcoli presunti” e “c’è il rischio di incorrere nella balla colossale dei 60 miliardi di euro che ci costerebbe ogni anno la corruzione. Una balla, ripresa anche dalla comunità europea, che ci ha sputtanati in tutto il mondo”.