Il magistrato ha spiegato ai consiglieri che non gli fu chiesto dal procuratore un consenso preventivo, considerato che sino a quel momento era lui il referente del pm che in prima battuta stava indagando, Antonio Sangermano. Quando alla presenza degli altri procuratori aggiunti interessati Bruti gli comunicò la scelta di affidare il coordinamento a Boccassini, lui ne prese atto, non avendo nulla da dire perché gli stava bene così. Erano già cinque i magistrati impegnati e non ritenendo centrale la sua stessa competenza, facendo quello che lui stesso ha definito un "passo indietro"
Una presa d’atto di una decisione. Così il procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili ha descritto al Csm (solo la Settimana commissione) il suo atteggiamento quando il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati lo informò che il fascicolo Ruby sarebbe stato coordinato da Ilda Boccassini. Nobili ha spiegato ai consiglieri che non gli fu chiesto dal procuratore un consenso preventivo, considerato che sino a quel momento era lui il referente del pm che in prima battuta stava indagando, Antonio Sangermano. Quando alla presenza degli altri procuratori aggiunti interessati Bruti gli comunicò la scelta di affidare il coordinamento a Boccassini, lui ne prese atto, non avendo nulla da dire perché gli stava bene così. Erano già cinque i magistrati impegnati in quell’inchiesta e non ritenendo centrale la sua stessa competenza, Nobili fece quello che lui stesso ha definito un “passo indietro“.
Al procuratore è stata letta integralmente la nota inviata da Robledo al Csm in cui si evidenziava “la discrasia tra quanto dichiarato” da Bruti “al preventivo ed espresso consenso” da Nobili e “quanto effettivamente accaduto” ovvero che il pm non fu “mai interpellato sul punto, né richiesta la sua opinione” e che il magistrato venne “meramente informato della decisione che era stata già presa dal procuratore, della quale si limitò a prendere atto senza interloquire o commentare“. Alla fine della lettura del documento la toga ha detto: “È vero”. Nobili inoltre, secondo quanto apprende il fattoquotidiano.it, ha specificato che non ha mai rifiutato un fascicolo nella corso della sua carriera. Dichiarazione che smentisce di fatto quanto dichiarato da Bruti che al Csm aveva affermato che l’aggiunto, interpellato sulla questione Ruby, aveva risposto che aveva altro da fare.
Con l’audizione di Nobili il Consiglio superiore della magistratura ha chiuso l’istruttori e già la prossima settimana potrebbero arrivare le prime decisioni. La decisione di chiudere glia ccertamenti è stata presa dalle due Commissioni competenti, la Prima e la Settima, in tutti e due casi con il voto contrario del togato di Magistratura Indipendente Antonello Ravanelli.
La Prima Commissione, che con la Settima si sta occupando del caso, questa mattina bocciato la proposta del relatore, il togato di Unicost, Mariano Sciacca, di partecipare all’audizione. Il voto era finito in parità. A favore della proposta di Sciacca avevano votato il togato di Magistratura Indipendente Antonello Ravanelli e il laico di centrodestra Annibale Marini. Contro, invece, il laico del Pd Glauco Giostra e i togati di Area Paolo Carfi e Francesco Vigorito. Nel primo pomeriggio la Commissione ha ritrovato l’unità e all’unanimità ha deciso, sempre su proposta di Sciacca di acquisire il verbale dell’audizione; verbale che dunque entra a pieno titolo nel fascicolo sulla base del quale tra una decina di giorni i consiglieri prenderanno le loro decisioni sul merito.
L’audizione di Nobili è stata incentrata sulla questione dell’assegnazione del fascicolo Ruby a Ilda Boccassini. Era stato il Alfredo Robledo – l’aggiunto che contesta a Bruti Liberati anomalie nell’assegnazione dei fascicoli – a chiedere che venisse ascoltato il pm sulla vicenda dell’assegnazione del fascicolo sull’allora minorenne marocchina ospite delle feste di Arcore. Secondo Robledo Nobili non rinunciò a coordinare l’inchiesta Ruby a favore della collega (ed ex moglie) Boccassini perché “non è mai stato interpellato sul punto, né è stata richiesta la sua opinione”. Il procuratore capo di Milano invece aveva sostenuto davanti al Csm che Nobili, a cui sulla carta poteva toccare il fascicolo, alla notizia dell’assegnazione alla Boccasini dell’inchiesta avesse detto: “Grazie, sono contento, io ho altre cose da fare”. Oggi Nobili ha confermato che la sua fu una presa d’atto di una decisione già presa.
Quella di Nobili è stata l’unica richiesta istruttoria approvata dalla Settima Commissione: altre relative a una nuova convocazione di Bruti e Robledo, e audizioni dei pm dell’inchiesta Expo e dei finanzieri responsabili dei reparti della Gdf protagonisti della controversa vicenda del doppio pedinamento di uno degli indagati di quel procedimento, sono state bocciate.
”Respingiamo ogni tentativo di delegittimazione complessiva dell’operato della nostra Procura” e “non possiamo non intervenire (…) in ordine alla rappresentazione mediatica non corrispondente al vero, che viene offerta alla pubblica opinione con l’immagine di una Procura della Repubblica dilaniata da contrapposizioni interne”. Sono questi due passaggi di un documento firmato da 62 tra pm e aggiunti di Milano, in merito allo scontro finito davanti al Csm tra l’aggiunto Alfredo Robledo e il suo capo Edmondo Bruti Liberati. L’iniziativa di sottoscrivere undocumento per respingere “l’immagine di una Procura della Repubblica dilaniata da contrapposizioni interne” – viene riferito al quarto piano del Palazzo di Giustizia – è partita ‘dal basso’ e poi le firme sono state materialmente raccolte da Armando Spataro, ormai ex procuratore aggiunto ed ex pm milanese, perché appena nominato procuratore capo di Torino.
Intanto gli oltre 60 tra procuratori aggiunti e pm di Milano, che hanno firmato un documento in cui, non entrando in nessun modo nel merito della disputa, chiedono al Cms di fare presto, sottolineano che non hanno “inteso schierarsi” ma solo riaffermare la “credibilità dell’ufficio”. In una nota Armando Spataro e Ferdinando Pomarici sottolineano come il documento, firmato ieri da 62 pm di Milano per respingere la “rappresentazione mediatica” di una Procura milanese “dilaniata” in seguito allo scontro tra l’aggiunto Alfredo Robledo e il procuratore capo Edmondo Bruti Liberti, sia stato frainteso in “alcuni articoli” di oggi. In alcuni articoli “oggi pubblicati”, scrivono ancora i due magistrati, “però, compaiono ulteriori fraintendimenti dello spirito e della lettera del nostro appello, per cui – quali promotori dell’iniziativa (che parte da un diffuso bisogno) – intendiamo ribadire che i magistrati firmatari non hanno inteso schierarsi ma solo riaffermare la credibilità dell’ufficio e l’efficacia della sua azione, nonché la propria sottoposizione esclusivamente alla legge”.