Che la mobilità sia un fattore vitale e critico della vita moderna è un dato di fatto ormai acquisito, come anche quello che il suo costo sia un elemento rilevante nell’economia familiare di quasi tutti.

Il mondo che, girando ormai a velocità vertiginosa, ci richiede di muoverci altrettanto velocemente, si è trasformato anche in altre caratteristiche, per esempio mettendo a disposizione le potenzialità comunicative di Internet oppure proponendo iniziative imprenditoriali di nuova natura.

In questo contesto si possono leggere le proposte di Uber, la nascita di applicazioni quale Eztaxi, le offerte di car sharing quale Uber Pop e le proteste dei tassisti quali quelle dei giorni scorsi a Milano

Le proposte di Uber e EZtaxi sono finalizzate in prima istanza all’utile di chi le porta avanti (Google, nel caso di Uber) ma hanno anche il pregio di proporre servizi più celeri e disponibili e meno cari, il tutto anche utilizzando strumenti di comunicazione moderni quali appunto l’utilizzo delle app su smartphone e tab. Le proteste dei tassisti, invece, rappresentano il mantenimento dello status quo; una lotta di retroguardia finalizzata a non cambiare la situazione attuale fatta di servizi costosi, e scarsità di offerta.

La lobby dei tassisti è potente, contro di essa si sono scontrati con perdite già vari governi che si erano illusi di intervenire per rendere questo servizio “para pubblico” più confacente con le esigenze appunto di mobilità dei cittadini italiani del XXI secolo; resta memorabile e tristemente negli annali, l’assedio dei tassisti romani a Palazzo Chigi all’epoca del governo Monti, con tanto di fumogeni, bombe carta e cori da ultras; vale la pena di divertirsi a guardare comparativamente le immagini di quell’assedio con quelle di Crozza impegnato nei panni di Genny ‘a carogna stesse modalità ancorché una sia una satira e l’altra la realtà.

Con tutto il rispetto che si deve a chiunque lavora, credo che ci siano delle storture di base che inficiano pesantemente la materia della attività dei tassisti; la prima e più grave è che la licenza per l’esercizio della attività è divenuta da tempo remoto una merce commerciabile anziché essere un permesso temporaneo a esercire una professione; pensiamo per un attimo a come la situazione sarebbe diversa se alla cessazione dell’attività di un tassista la licenza tornasse al comune per essere concessa (sempre temporaneamente) a un nuovo tassista. Invece, le licenze passano di mano con alti costi e talvolta plusvalenze sulle quali naturalmente (figuriamoci se no!) lo stato preleva tasse; questo fa sì che ciascun tassista abbia da ammortizzare nell’attività quanto ha pagato per la licenza, anche se alla fine comunque la possiede e può rivendersela utilizzando il ricavato come “buonuscita”.

La seconda stortura è che il lavoro del tassista richiede sostanzialmente una qualifica abbastanza bassa, mentre i redditi che se ne ottengono si collocano in fasce niente male, superiori per esempio a quella di un insegnate di liceo. Di nuovo, con tutto il rispetto dovuto a chi lavora e con tutta la necessaria comprensione per un’attività faticosa (non che lavorare in fonderia 8 ore al giorno sia meglio) temo che questo non sia sostenibile, oltre a essere probabilmente una peculiarità tutta italiana.

tassisti contro Uber - MilanoNaturalmente le reazioni dei politici alle proteste dei tassisti contro Uber sono state, come usualmente, di assoggettamento alla lobby; omogenee e trasversali a maggioranza, opposizione e amministrazione locale; nessun tentativo di guardare oltre per innovare e rendere il servizio “para pubblico” congruente con i bisogni della società.

Eppure, come dicevo, che il servizio sia strategico e troppo, troppo costoso oltre che scarso in offerta è sotto gli occhi di tutti, ma il politico non vuole rogne e piuttosto che doversi gestire lo scontro con una lobby evidentemente potente preferisce mantenerlo com’è: prezzi molto alti e licenze contingentate; basta raffrontare il prezzo di una corsa Milano-Malpensa (90 euro minimo) con quello della corsa Manhattan – JFK (circa 65 $ se si da una buona mancia) per rendersene conto; senza parlare del prezzo della corsa Malpensa – Linate (anche 116 euro).

E si potrebbero anche ipotizzare delle soluzioni di medio termine, quale per esempio quella di concedere ai possessori delle licenze di dedurle a rate ogni anno fino a concorrenza dell’esborso effettuato per farle poi tornare al comune che le ha rilasciate; in questo modo si otterrebbe il duplice effetto di far terminare in prospettiva il commercio di licenze e di far emergere con sicurezza tutto il fatturato che diverrebbe necessario per accedere alle deduzioni.

Oltre alle riforme epocali delle quali Renzi parla (salvo per ora no averle fatte) occorrono anche interventi su alcune anomalie tutte italiane e quella del servizio taxi è una di queste, con buona pace dei conservatori come Pisapia, Maroni e Lupi. E se a favorire questa mutazione necessaria servono Uber, Uberpop o EZTaxi, ben vengano; non ci faranno male come non ne hanno fatto a vari altri paesi sufficientemente civilizzati.

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