Andrea Zucchini, un consigliere comunale imolese (Insieme si vince), non appena ha letto ‘cazzo duro’ e ‘masturbazione’ si è indignato ed ha abbandonato il teatro Ebe Stignani, dove insieme ai suoi tredici colleghi, stava provando Manutenzioni – Uomini a nudo. La pièce teatrale che Monica Lanfranco porta in scena, da mesi, nelle sale e nei teatri di molte città italiane.
Manutenzioni grazie a compagnie nate spontaneamente con attori non professionisti dà la voce alle riflessioni di trecento uomini che due anni fa, risposero alle domande di Monica su sessualità, violenza, relazione. Parole che raccontano il desiderio maschile, le fantasie, le insicurezze ma anche la consapevolezza amara delle discriminazioni e dei maltrattamenti fatti alle donne.
Il linguaggio è crudo e non potrebbe essere altrimenti. Sono parole che parlano di sessualità scelte liberamente per raccontare confidenze. Ma Andrea Zucchini non ci sta, e in un comunicato stampa sconcertante per i toni aspri e intrisi di un moralismo d’altri tempi, ha estrapolato alcune parti del testo, quelle che lo hanno turbato, ed ha condannato la Lanfranco per il linguaggio che offenderebbe le donne. Nell’invettiva contro la pièce teatrale ha invitato i colleghi a non recitare ed ha invocato l’intervento di Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna perché revocasse il patrocinio all’iniziativa. Pensava forse ad un testo contro la violenza alle donne con rime baciate e lanci di rose alle signore alla chiusura del sipario? Le galanterie maschili e l’antico adagio ‘le donne non si piccchiano nemmeno con un fiore’ non sono mai stati un antidoto alla violenza.
Le attiviste del centro antiviolenza Demetra donne in aiuto, il 14 marzo scorso, hanno portato Manutenzioni, al teatro Goldoni di Bagnacavallo, grazie ad amici, padri, nipoti, morosi, colleghi, ex compagni, e pazienti.
Erano in nove e la prima prova l’hanno fatta nella sede del centro antiviolenza, cercando spazio nelle stanze che solitamente accolgono le donne che svelano violenze. E in quelle stanze hanno recitato e sono stati ascoltati con attenzione. Nessuna si è scandalizzata.
Il consigliere imolese si indigna e parla dei buoni insegnamenti paterni rispettosi dell’universo femminile ma ignora che proprio la concezione delle donne come esseri angelicati e spirituali, è stata foriera di violenza, stigma ed emarginazione sessista. Quando il desiderio femminile trasgrediva diktat religiosi e convenzioni sociali mandava in frantumi la rappresentazione delle donne come sante e madonne. E quelle che trasgredivano pagavano un prezzo molto alto, troppo spesso lo pagano ancora oggi.
Tanta moralistica indignazione dovrebbe spingerlo ad invocare immediatamente l’intervento censorio dei presidi delle facoltà di lettere, dove si tengono corsi su testi che parlano di sessualità senza eufemismi, come due sonetti di Gioacchino Belli che vanno letti e apprezzati solitamente in ‘coppia’. La madre de le Sante e Il padre de li Santi. Il mio professore di letteratura all’esame mi chiese la parafrasi del secondo. Voglio farne omaggio ad Andrea Zucchini:
Er cazzo se po di’ radica, ucello,
Cicio, nerbo, tortore, pennarolo,
Pezzo-de-carne, manico, cetrolo,
Asperge, cucuzzola e stennarello.
Cavicchio, canaletto e chiavistello,
Er gionco, er guercio, er mio, nerchia, pirolo,
Attaccapanni, moccolo, bruggnolo,
Inguilla, torciorello e manganello.
Zeppa e batocco, cavola e tturaccio,
E maritozzo, e cannella, e ppipino,
E ssalame, e ssarciccia, e ssanguinaccio.
Poi scafa, canocchiale, arma, bambino.
Poi torzo, crescimmano, catenaccio,
Minnola, e mi’-fratello-piccinino.
E tte lascio perzino,
Ch’er mi’ dottore lo chiama cotale,
Fallo, asta, verga e membro naturale.
Quer vecchio de spezziale
Dice Priapo; e la su’ moje pene,
Segno per dio che nun je torna bene.
Spero che il consigliere imolese legga serenamente perché come pensava Gioacchino Belli si tratta pur sempre del ‘padre de li Santi’. Amen.
@Nadiesdaa