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Carige, sequestro del tesoro a Berneschi. “È da 35 anni che accumulo”

Dalle carte dell'inchiesta emergono presunte coperture istituzionali, soldi riciclati fatti rientrare con gli spalloni e una certa presunzione di impunità perché come scrive il gip di Genova Adriana Petri "per ragioni diverse i procedimenti penali che si sono occupati di tale fenomeno si sono chiusi senza che fosse esercitata l'azione penale"

Presunte coperture istituzionali, soldi riciclati fatti rientrare con gli spalloni, soldi accumulati “per 35 anni”, una truffa da 22 milioni e una certa presunzione di impunità perché come scrive il gip di Genova Adriana Petri “per ragioni diverse i procedimenti penali che si sono occupati di tale fenomeno si sono chiusi senza che fosse esercitata l’azione penale”. Lo scandalo di banca Carige che giovedì ha portato all’arresto di Giovanni Berneschi, vice presidente dell’Abi, la confindustria delle banche ed ex presidente dell’istituto ligure, svela molto di più di un mega raggiro organizzato “da un’associazione per delinquere dedita alle truffe e al riciclaggio”. 

E così leggendo le 112 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, che riportano molte intercettazioni tra gli indagati, emerge una sorta di rete, di copertura di cui avrebbero goduto Berneschi, detto “il Magro”, e gli altri della banda. Aiuto su cui avrebbero potuto contare grazie ad agganci negli uffici giudiziari, tra le forze dell’ordine e anche ça va sans dire con il sostegno di qualche 007. Il giudice per le indagini preliminari parlando di Berneschi sottolinea le “presunte entrature dell’indagato negli ambienti giudiziari di Genova e di La Spezia” anche grazie a un avvocato. “Un inquietante scenario che si profila, del summenzionato legale che apprende da personale addetto agli uffici giudiziari e che ha accesso ai terminali riservati della Procura della Repubblica, se vi sono iscrizioni a carico del Berneschi, così da riferirne all’indagato…”. Che pensava di essere intercettato e per questo al telefono tentava di usare un linguaggio criptico.

Ferdinando Menconi, l’ex amministratore di Carige Vita Nuova, e l’imprenditore Sandro Calloni, proprio di Berneschi dicono…. “Che Dio lo assista, magari a Genova è protetto…”. Il primo a un certo punto, è il 13 aprile 2014, dice anche: “… Sento odore di procure… io c’ho delle previsioni… il Vice procuratore di Genova... mi ha detto… te non sei … stattene fuori”. Su Menconi il gip osserva anche che interloquisce “con un non meglio identificato dei Servizi Segreti” che cita “le sue numerose conoscenze presso esponenti di vertice delle varie forze di polizia“. Tutte le conversazioni sono al vaglio degli inquirenti per valutarne l’attendibilità. Ma proprio da una intercettazione di Berneschi si capisce che lo scandalo odierno ha radici profondissime nel tempo: “… Non mi possono accusar di riciclaggio, perché è una vita, da 35 anni che accumulo…”. Anche all’estero tanto che quando il “Magro”, nell’ottobre scorso decide di far rientrare le quote dell’albergo in Svizzera vengono intercettate diverse conversazioni in cui le quote vengono chiamate “ragazze” e gli spostamenti “viaggi di piacere”, si parla anche di Spagna e Svizzera. Tutti gravissimi reati per il giudice commessi “con una precisa ripartizione di ruoli” tra Berneschi e Menconi “facendo pesare le loro cariche apicali in Carige” e realizzati “praticamente alla luce del sole”.

Intanto gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno sequestrato tra la Carige di Genova e Milano il tesoretto riferibile a Berneschi. In aggiunta agli oltre 21 milioni di euro, la Guardia di Finanza ha eseguito altri sequestri tra cui 300mila euro in contanti e materiale documentale definito “molto interessante”. L’arrestato, secondo gli investigatori, “dispone di ingenti capitali all’estero, ancora da rimpatriare” e non esclude la possibilità di andare a vivere e lavorare “in Svizzera” dove avrebbe la possibilità di “lavorare per l’Unione banche svizzere“. Anche per Menconi, secondo gli inquirenti, c’era pericolo di fuga. “Io in cinque giorni ho diritto alla cittadinanza svizzera, devo vedere…  –  dice al telefono il 13 febbraio scorso a una persona non meglio identificata –  … vi autorizzo con l’autorità elvetica a fare ricerche negli ultimi venti anni a nome mio non c’è niente … tu che… io invece sono un benemerito lassù posso avere la residenza in dieci giorni questo è vero, sia a Zurigo che a Basilea…”.

Intanto il sistema sistema bancario italiano reagisce con commenti dimezzati o silenzi. “Sono valutazioni sue personali”, dice l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, rispondendo alla domanda sulle eventuali dimissioni di Berneschi dalla vicepresidenza dell’Abi. A chi ricorda che solo pochi mesi fa un’altra inchiesta ha portato alle dimissioni dell’ex presidente, Giuseppe Mussari, sotto processo per lo scandalo Mps, Ghizzoni risponde che c’è nulla da cambiare: “Non credo ci sia niente da rivedere all’interno dell’associazione – ha risposto -. Ognuno è associato e ha responsabilità manageriali personali, queste vicende riguardano le seconde”. Il presidente dell’Acri (l’associazione che raccoglie le fondazioni bancarie), Giuseppe Guzzetti, alla domanda risponde così: “Si dia lei la risposta. È una domanda questa? Oggi parliamo di giovani ed educazione finanziaria, mi spiace deludere la vostra curiosità”. Per poi aggiungere: “Non ho mai protetto Berneschi perché è sufficientemente grande per difendersi da solo”.