Cinema

Detroit ai tempi della crisi. Tra vampiri, cinema e green economy

– E questo è il famoso Teatro Michigan. L’hanno costruito negli anni ’20. Un’enorme somma di denaro. Per ironia è stato eretto nello stesso identico posto dove Henry Ford costruì il suo primo prototipo. Aveva più di 4000 posti.
– È fantastico. Per cosa? Concerti
– Concerti e film. Riesci a immaginartelo? Gli specchi riflettevano i candelabri… E ora… Un parcheggio

È lo scambio tra i vampirici Tom Hiddleton e Tilda Swinton in una delle sequenze più crepuscolari ambientate nella Detroit in semi abbandono di Solo gli amanti sopravvivono. La visione estremamente originale contenuta nel nuovo film di Jim Jarmusch muove i due innamorati immortali Eve e Adam tra il Marocco e un’attuale Detroit, in un affresco postindustriale minimalista quanto apparentemente futuristico, per via della desolazione del tutto inusuale per una grande metropoli americana.

Sono lontani i tempi sbruffoni e trafficati di Eddie Murphy in Beverly Hills Cop quando con la sua cabriolet partiva da Motor City verso L.A. Negli anni ottanta, per gran parte del secolo scorso e fino alla crisi di pochi anni fa Detroit era la capitale industriale mondiale con General Motors, Chrysler e Packard Bell alla testa di un impero d’acciaio. Produzioni in gran parte trasferite all’estero insieme a molte altre per la sanguinosa battaglia globale sui costi del lavoro. E il sangue Jarmusch lo tratta con la sua solita ironia e inedita non violenza, fino alla negazione stessa dell’omicidio a morsi nutritivi.

Ridotta a un terzo dei suoi abitanti per la migrazione in massa della classe operaia che occupava buona parte delle quasi 80 mila miglia quadrate di territorio cittadino in villette e giardini, l’ex Città dei Motori è ridotta a un centro di grattacieli con alcuni spazi sfitti circondato da chilometri di verde spettrale e case basse, diverse delle quali abbandonate tra le sterpaglie. Chissà se gli sceneggiatori del primo Robocop, ambientato nella stessa città del Michigan, nell’87 avevano vagamente immaginato questa reale decadenza urbana. Sicuramente pensarono a rappresentarne futuristicamente la violenza repressiva e cibernetica del crimine strabordante.
Mentre nel remake del 2014, in piena sofferenza, Detroit ha prestato il suo skyline ritoccato ai computer, con il famoso grattacielo con la GM di General Motors, il Renaissance Center virtualmente vicino alla torre della OmniCorp, dove viene creato il poliziotto robot. E un pensiero di futuristico disfacimento avrà ispirato anche lo stesso Luc Besson per aver ambientato proprio qui lo script di Brick Mansions, l’ultimo adrenalinico action movie con il divo scomparso sei mesi fa Paul Walker. Remake anche questo, importato però da una Parigi tutt’altro che romantica in una metropoli americana di cemento e mura più alte di quelle di Gaza. Un film fatto di parkour (l’arte urbana di saltare ostacoli utilizzando il corpo come fosse quello di un gatto) e botte da orbi contro un fantapoliziesco tutto high tech e armi da fuoco sono le due pellicole che in questa stagione hanno preceduto Jarmusch e i suoi sardonici vampiri.

È curioso a volte come il cinema metta insieme certi elementi intorno a un humus urbano in grande cambiamento. Il regista dai capelli bianchi alla Elvis lo fa con la malinconia sempiterna dei due amanti dai tempi dilatati, lungo quelle strade desolate dalla fuga per la chiusura delle fabbriche. E ancora più curiosa è la realtà, e i modi che sceglie per lavorare il suo humus. È infatti la lavorazione della terra che a sorpresa, negli ultimi anni, sta tornando a dare speranza alla ex Motor City. Con i prezzi delle case ormai diroccate scesi nel 2008 a quelli di una nostra minicar, la Hantz Farm, compagnia di rivalutazione agricola, sta acquistando e risistemando acri in abbandono con il progetto della destinazione a spazi comuni e coltivazioni. Da Facebook si può leggere che soltanto pochi giorni fa hanno piantato 15 mila alberi per un parco, e i lavori continuano con la cooperazione volontaria degli abitanti, che sono tornati a socializzare dopo anni di buio e rifiuti ingombranti nel verde incolto.

Un piccolo miracolo con l’ambizione di fare di Detroit la prima metropoli autosufficiente a livello alimentare, o comunque organizzata in un sistema di fattorie di periferia. E le iniziative di privati per l’attivazione di piccoli business non mancano. Dopo crisi di vampiri cinematografici e non, cyborg e parkour, si riparte da zero verso un sogno green.