Le elezioni europee sono ormai prossime e si ha la triste sensazione, ancora una volta, che i nostri partiti tradiscano lo spirito di queste votazioni. Esse non dovrebbero rappresentare una vendetta a discapito di questo o quell’avversario, una competizione sui destini politici del paese (per quanto sia poi inevitabile per i governi tenere conto del risultato delle urne) e men che mai un’occasione per riciclare personaggi caduti in disgrazia in Italia (Mastella oggi) o tenuti in caldo a Strasburgo per poi ricollocarli, in un secondo momento, sul panorama nazionale (Serracchiani ieri). Si dovrebbe andare in Europa, in altre parole, per creare un progetto comune al servizio della cittadinanza, ma finora così non è stato o non lo è stato del tutto. Questo crea disaffezione nei confronti di un percorso – l’integrazione europea – che sembra irreversibile ma che viviamo sempre più come un’ingiustizia.
Un altro aspetto importante riguarda la qualità delle candidature. Essendo interno al movimento Lgbt italiano non potrò non guardare a esse con l’occhio dell’attivista, senza perdere il senso dell’obiettivo comune e degli interessi della collettività. Ed emerge un’amara evidenza: il panorama italiano già avaro di candidature femminili – e questo la dice lunga sulla qualità della nostra democrazia – sembra non dare alcun peso alla “rappresentanza arcobaleno”. Ad eccezione, per quanto riguarda la sinistra, del civatiano Daniele Viotti (per il nord ovest) e di Camilla Seibezzi della Lista Tsipras (per il nord est).
Riguardo al primo: chi bene mi conosce sa quanto io possa essere tenero con il Partito Democratico. Lo stesso che ha ricandidato personaggi discutibili come Patrizia Toia e Silvia Costa, che insieme ad altri del medesimo schieramento hanno affossato al Parlamento europeo il rapporto Estrela, che avrebbe migliorato le pratiche di accesso all’interruzione di gravidanza e alla maternità medicalmente assistita. Viotti, invece, si colloca all’estremo opposto di una certa visione clericale e sostanzialmente antilibertaria. Lo si ricorda per le sue interviste, alla Festa dell’Unità di Torino, in cui metteva in imbarazzo personaggi quali Rosy Bindi di fronte alla più semplice delle domande: “Ma se amo il mio compagno, perché non posso sposarlo?”.
E questo fa ben sperare, soprattutto per i destini della sua parte politica.
Camilla Seibezzi è consigliera comunale a Venezia, delegata del sindaco per i Diritti civili ed è stata al centro di polemiche vivaci per aver inserito nella modulistica della sua città la più rappresentativa dicitura “genitore” in luogo di padre e madre, per non discriminare anche quelle famiglie omogenitoriali che sono sempre più presenti nel tessuto sociale del paese. A causa di questa proposta è stata per altro insultata e minacciata di morte. Linguaggio tipico del fronte omofobo e, di contro, indice di garanzia della qualità della persona.
Tra i candidati gay andrebbe ricordato anche Alessandro Cecchi Paone, che si presenta però con Forza Italia: lo stesso partito, a ben vedere, che non vuole nessun reale miglioramento per le condizioni di vita di gay, lesbiche, bisessuali, trans e qualsiasi altra categoria non rientra nel concetto di “sessualità normativa”.
Il resto è relegato al sommerso: non voglio immaginare che siano presenti, di fronte a un elettorato di decine di milioni di persone, solo tre persone dichiaratamente omosessuali. Ma il fatto che solo in tre non abbiano problemi a non nascondere il proprio orientamento è indice, anch’esso, di un certo tipo di qualità democratica che nel nostro paese, per usare un eufemismo, presenta non poche criticità.
Non è mia intenzione dare indicazioni di voto, ma chi ha a cuore l’autodeterminazione non può non tenere conto di questi due aspetti: poche donne nelle liste e presenza per lo più simbolica di persone omosessuali.
Per maggior completezza di informazione, infine, ricorderò l’iniziativa di Arcigay e Anddos “A far l’Europa comincia tu”, un sito in cui si può valutare il grado di vicinanza dei/lle candidati/e in materia di diritti civili. Secondo queste associazioni Lista Tsipras e M5S risultano le forze più gay-friendly. Poi abbiamo qualche isola felice, qua e là, dentro il Pd, come Viotti appunto. E mandare in Europa persone sensibili a certe tematiche (e animate da autentica passione politica) sarebbe un passo importante per fare dell’Ue il luogo di tutti e tutte. Poi ognuno voti liberamente e come meglio crede. E che vinca la democrazia.