Il bomber biancorosso Diego Costa ci sarà grazie a una cura a base di placenta di cavallo. Ancelotti deve fare a meno di Xabi Alonso e Pepe. E Lisbona è già invasa da 120mila madrileni
Il primo derby in una finale di Champions League val bene una cura a base di placenta di cavallo. Per comprendere a fondo quanto la partita che sabato sera deciderà la regina del calcio europeo non sia solo una finale, bisogna partire dalla terapia particolare alla quale si è sottoposto Diego Costa. L’attaccante dell’Atletico neo campione di Spagna è volato a Belgrado per affidarsi ai metodi della dottoressa Marijana Kovacevic, tanto alternativi quanto diffusi tra gli sportivi. A Lisbona, teatro della stracittadina madrilena contro il Real che vale una carriera, l’uomo più importante di Simeone non voleva mancare. E il massaggio ‘a base equina’, medicina ortodossa o meno, ha risolto la lesione muscolare del centravanti rojiblanco.
Alla serata di gala contro i cugini del Real, Diego Pablo Simeone si presenta dunque con il vestito migliore. Lo stesso non può dire Carlo Ancelotti che allo stadio da Luz dovrà rinunciare a Xabi Alonso (squalificato) a Pepe, salvo recuperi in extremis. Ci saranno invece Cristiano Ronaldo e Bale mentre è ancora in dubbio la presenza nell’undici iniziale di Benzema. Una squadra stropicciata per il tecnico italiano, alla ricerca del suo terzo assolo europeo che vorrebbe dire anche decima Champions per i blancos. Un’ossessione che dura da dodici anni. Per la prima volta la parte potente del calcio madrileno è a un passo dal mettere fine all’attesa. La sceneggiatura da Oscar di una stagione europea bella come non se ne vedevano da tempo ha scelto la faccia da battaglia della capitale spagnola per il ruolo d’antagonista. Chi più dei cugini materassai può turbare i sogni dei Galacticos? L’Atletico ha dimostrato sia nei quarti che in semifinale quanto sia difficile mandarlo al tappeto: squadra compatta, disposta al sacrificio e con doti atletiche notevoli.
La caratura del dna colchonero ha già brillato contro il Barcellona, vittima prima in Champions e poi nello ‘spareggio’ per la Liga di una settimana fa, e ha spazzato via anche la tattica attendista e supponente di Mourinho, certo che sarebbe bastato chiudere ogni spazio in trasferta per poi cancellare i ragazzi di Simeone a Stamford Bridge. Sono quarant’anni che l’Atletico aspetta questo momento. L’unica finale di Champions disputata dalla squadra meno nobile di Madrid risale al ‘74, quando all’Heysel un tiro di Hans-Georg Schwarzenbeck a pochi secondi dalla fine neutralizzò il vantaggio firmato da Luis Aragonés, rimandando tutto alla finale-bis di due giorni dopo nella quale il Bayern Monaco cancellò gli spagnoli con un sonoro 4-0. Potenzialmente il Real è la squadra più forte d’Europa, capace di esprimere un calcio semplice ed efficace valso 37 gol in 12 partite. Tutto parte dalla difesa e dalla rapidità nelle verticalizzazioni per dare il là alla tecnica e alla forza devastante del trio d’attacco Ronaldo- Bale-Benzema.
E poi c’è Ancelotti, una garanzia nei giorni in cui l’aria diventa rarefatta. Nessuno meglio dell’ex allenatore del Milan sa sciogliere i nervi ai suoi. Le merengues hanno un posto pronto nella loro bacheca per la decima Champions dal 2002 e il primo avversario da sconfiggere a Lisbona sarà l’ansia di ciccare l’appuntamento. “La decima è un’opportunità. Io sono felice di essere qui, con o senza”, ha detto Ancelotti pochi giorni fa iniziando l’operazione distensiva. Poco altro d’aggiungere, perché il cammino del Real ha già raccontato molto e cristallizzato la potenza madridista nella feroce cattiveria con la quale è stato azzannato il Borussia nella gara d’andata dei quarti e nel tiki-taka di Pep Guardiola sventrato con ordine e ripartenze veloci in semifinale. Atletico, Real, Atletico, Real: lo sfoglio della margherita durerà novanta minuti. Ma a Lisbona, trionfi chi cerca la decima o chi insegue la prima volta, si scrive una pagina di storia del calcio europeo. E Madrid ha già vinto.