Già il nome con cui è universalmente noto, è unicamente irripetibile, Roland Garros non è, infatti, un giocatore né un dirigente che abbia a che fare con tennis bensì un pioniere dell’aviazione, forse il primo pilota di caccia al mondo e colui che effettuò, nel 1913, il primo volo senza scalo attraverso il Mediterraneo. L’impianto, intitolato a questo asso dei cieli negli anni ’20, si estende su un territorio che comprende venti campi e lì i francesi hanno avuto modo di recuperare nella celebrazione di veri miti del tennis transalpino.
Il campo principale è Il Court Philippe Chatrier e ciascuna delle quattro tribune è dedicata, dal 2010, a uno dei “Quattro moschettieri” del tennis francese: Jacques Brugnon, Jean Borotra, Henri Cochet e René Lacoste che dominarono il tennis negli anni ’20 e ’30. Ai quattro eroi delle sei Coppe Davis consecutive (dal 1927 al 1932) è intitolata la piazza, situata tra il Court 1 e il Court Chatrier, la Place des Mosquetaires appunto, sulla quale campeggiano anche le loro statue in bronzo, opera dell’italiano Vito Tongiani.
Compare dunque un po’ d’Italia che, effettivamente, può sentirsi più “a casa” qui che negli altri templi del tennis mondiale. Il Roland Garros è l’unico Slam che abbiamo vinto: con Pietrangeli (1959 e 1960) e Panatta nel 1976 in campo maschile e con Francesca Schiavone nel 2010. La terra ci aiuta a competere e il nostro essere “terraioli” è quasi costituzionale. La terra e la sua “lentezza” rende anche più indirizzabile l’esito di una partita, il più forte detta il ritmo e proprio per questo il Roland Garros è un torneo dove si creano regni duraturi e dove il plurivittorioso raggiunge numeri da record.
Con 8 vittorie, al momento, Rafa Nadal è colui che ha vinto più volte lo stesso Slam. Al pari del maiorchino ci sarebbe anche il francese Max Decugis, con 8 affermazioni tra il 1903 e il 1914, ma allora il torneo era aperto solo a francesi o soci stranieri tesserati di club transalpini.
Unico torneo a premiare, ciclicamente, baby fenomeni. Umanamente assoluto quello di Monica Seles che a 16 anni e 6 mesi, nel 1990, divenne la più giovane vincitrice di sempre degli Internazionali. Fra gli uomini: nel 1974 Borg vinse il primo dei suoi sei Roland Garros a 18 anni. Lo svedese fu superato in “gioventù” dal connazionale Wilander che nel 1982, all’età di 17 anni e 9 mesi, pensionò Vilas. Il record definitivo, valido per tutti gli Slam, lo siglò Michael Chang nel 1989 quando a 17 anni e tre mesi si aggiudicò il torneo francese su Edberg.
Oggi, all’orizzonte, non si vedono bambini prodigio che possano ritoccare il primato dello statunitense “made in Taiwan” aggiudicandosi la Coppa dei Moschettieri, anche questa dedicata ai grandi di Francia. Stessa grandezza e stessa epoca per la Divina, Suzanne Lenglen, che dal 1997 presta il suo nome al secondo campo dello Stadio del Roland Garros e alla Coppa riservata alle vincitrici.
La sua natura “particolare” ha reso la terra di Parigi una trappola per campioni a caccia di Grande Slam. Pete Sampras e Jimmy Connors non lo vinsero mai, lo stesso Federer ha patito per strapparne uno al destino. Martina Hingis e Lindsay Davenport sono le donne a cui il Roland Garros ha chiuso la porta in faccia.
Planando con la perizia dell’aviatore Roland Garros su Parigi e sui prossimi Open di Francia (dal 25 maggio all’8 giugno), ripartiamo dai detentori. Nadal e Serena Williams vengono da due finali, con esiti differenti, agli Internazionali d’Italia, ma comunque partono ancora favoriti. Lo spagnolo vuole suonare la nona, che gli permetterebbe di staccare Decugis e prenotare l’intitolazione di una piazza, un trofeo o di un campo in terra “rossa” di Francia. A nove titoli sarebbe l’unico.