In queste ultime ore prima del voto, sui giornali e le televisioni Europee è tutto un gridare “Al lupo, al lupo!”: arrivano i “populisti”, gli “anti-europeisti”, i “no-euro”, i “nazionalisti” più o meno “neofascisti”. Il progetto europeo è in pericolo! Ha garantito pace, benessere, apertura culturale, rafforzato l’Europa nei rapporti internazionali… E non c’è un Piano B. L’alternativa all’Unione Europea è il declino. Né si può negare che molti dei movimenti o partiti sopra ricordati siano inquietanti. Ma gli appelli degli Eurocrati e dei leader ‘democratici’ sono… ipocriti. Davvero loro non hanno responsabilità per l’ascesa di questi movimenti?
Negli anni ’90, i politici europei hanno creato una moneta comune senza che ce ne fossero le condizioni. Sapevano che era disfunzionale, che avrebbe generato delle crisi, ma si ripromettevano di utilizzarla per indurre i popoli Europei, ignari, alla creazione degli Stati Uniti d’Europa (V. dichiarazioni di Monti e Tommaso Padoa Schioppa, fra i tanti che hanno rivendicato questo progetto). Quando nel 2008 è esplosa la crisi, spacciando l’ideologia per scienza (“la crisi non è di domanda”, “l’austerità è espansiva”, “stampare moneta = inflazione”, “la Bce non è responsabile per gli spread”, ecc.) hanno accentuato la crisi.
Di nuovo ora promettono di cambiare verso – vergognandosi di ciò che han fatto finora -, ma ormai tutti sanno che intendono continuare con lo stesso paradigma. Apportandovi modifiche (marginali) solo quando l’Euro minaccia di crollare; spacciandole per autentiche svolte; rimpallandosi le responsabilità sul perché non si fa ‘di più’. Ma dopo sei anni questi politici (giornalisti, economisti, diplomatici) sono screditati: non sono capaci di sconfiggere la crisi. “You can’t fool all the people all the time”.
In teoria, basterebbe votare per qualcun altro, per un progetto alternativo serio. Ma di fronte alla sua progressiva delegittimazione, tutta l’élite democratica europea (per cause ancora in parte da chiarire: voi come lo spiegate?), con poche lodevoli eccezioni, ha scelto di negare gli errori commessi. Si è intestardita: nel considerare l’euro l’unica strada per progredire nell’integrazione europea; e nelle strategie neoliberali (di moda negli anni “80, ma oggi completamente superate dagli avvenimenti). Si è compattata intorno a un progetto di manipolazione della volontà popolare per favorire il federalismo europeo o le banche rentier. Si è blindata riducendo la rappresentanza democratica, con leggi elettorali sempre più maggioritarie, che escludevano le preferenze (o simili), aumentando le barriere all’ingresso dei nuovi partiti. E ha lasciato ai movimenti anti-sistema il monopolio dell’alternativa alle politiche vigenti.
Gli italiani moderati, liberali, tranquilli, si trovano ora di fronte a una scelta impossibile: una scelta fra tre populismi. Berlusconi, che voleva introdurre in Italia la Repubblica Peronista. Renzi, che con Berlusconi è in ‘profonda sintonia’. Grillo, che ha dimostrato anch’egli parecchio disprezzo per le istituzioni democratiche, per la rappresentanza, per la meritocrazia. Renzi, l’altro giorno l’ho sentito dire alla radio: “La priorità è la ripresa economica, ma per riuscirci è necessario fare le riforme istituzionali”. Non so come tanti italiani possano cadere in simili cose. Ma quelli che non ci cadono, per reagire alla Grande Depressione, paiono non avere altra scelta che votare per l’unico che ha ‘bucato’ il sistema politico: un comico inquietante, che promette nel Parlamento Europeo di opporsi (confusamente, ma meritoriamente) alla deriva autoritaria e depressiva. (Per poi proporne una ancora peggiore? Ma tant’è!).
Oppure possono votare le frattaglie antidemocratiche. Quelle che ‘usciamo dall’euro’. Come dire: ‘Tiriamo la bomba atomica’. Ma gli estremismi si alimentano a vicenda: così tali posizioni favoriscono il terrorismo psicologico degli eurocrati sui rischi di cambiare classe dirigente. In realtà, chi dice ‘usciamo dall’euro’ confonde i mezzi con i fini. Perché anche per uscire dall’euro occorre trattare con i partner europei, per minimizzare i disastri. Bisogna trattare: sugli obiettivi sociali ed economici possibili, oggi negati, e sul come raggiungerli, dentro o fuori l’euro. Perciò la posizione più seria, moderata, europeista, mi pare quella di Tsipras: ‘Noi non ci stiamo più, apriamo un grande negoziato europeo… sulla base di un paradigma alternativo. E vediamo se possiamo evitare di tirarci le bombe atomiche’.