Sta finendo la campagna elettorale, domani si vota. E’ stata brutta e sporca, ovvio, come tutte le campagne elettorali, inutile lamentarsene.

Poco importa quale sarà il risultato del voto: l’Italia ha già perso. Ha perso perché ha rinunciato a occuparsi di Europa, ha abdicato all’ambizione di guidare un continente che è l’unico orizzonte in cui la politica e la democrazia possono ancora trovare una prospettiva e un senso.

Voi potete evitare di occuparvi di Europa, ma l’Europa si occuperò comunque di voi.

Non si salva nessuno, trasformare queste elezioni di un voto di mid term per il governo (a che scopo poi? Ci sono alternative in vista?) è l’ammissione di inadeguatezza della nostra classe politica e, quel che è peggio, del nostro elettorato: l’Unione europea è una cosa troppo seria e complicata per gli italiani, preferiamo lasciarla gestire ad altri. Per poi lamentarcene.

Ogni partito ha le sue colpe.

Partito democratico – Matteo Renzi ha fatto tutta la campagna elettorale da solo, l’ha centrata sugli 80 euro in busta paga (legittimo, ma che c’entra con le Europee?). Ha provato a trasformare il suo messaggio: dalla distruzione creatrice della rottamazione alla speranza di chi rappresenta la proposta contro la protesta. Ma sgolarsi nelle piazze non è politica da ventunesimo secolo, fa tanto Novecento, e all’improvviso tutti i concorrenti sembrano meno antichi. Il Pd non è stato in grado di elaborare un messaggio di politica europea: vuole cambiare le regole dell’austerità (quali? come?) ma rispettandole fino all’ultimo euro, cosa che peraltro l’Italia non sta facendo. Il Pd spiega che è fondamentale votare Martin Schulz per la Commissione ma già è pronto alle larghe intese con la destra dei popolari, il premier si scandalizza perché l’Italia non sa spendere i fondi europei ma poi dimostra di avere le idee confuse in materia (i miliardi a disposizione non sono 183, numero inventato). Alla fine lo slogan di Renzi è sempre lo stesso: meglio io che i barbari grillini. Ma l’Europa non c’entra.

Movimento 5 Stelle –  Il partito che per primo aveva iniziato a dibattere di temi europei, con tanto di seminari in Parlamento per gli eletti, ha completamente rinunciato a sfidare su questo terreno gli avversari. I “sette punti per l’Europa” sono ancora più vaghi del programma per le elezioni politiche, tra affermazioni misteriose (alleanza tra Paesi mediterranei) e altre praticamente impossibili (come si fa ad abolire il Fiscal Compact? Si va con i carrarmati in tutti i Paesi che l’hanno ratificato? E se l’Italia lo ripudia, restano pur sempre i regolamenti del six pack che impongono la stessa riduzione del debito…). Per non parlare del referendum sull’euro, foglia di fico per mascherare l’ostilità del Movimento alla moneta unica che, inspiegabilmente, non diventa richiesta di abbandono. Anche tutta la campagna del M5S è stata italiana con i soliti slogan del “tutti a casa”, “onestà” e il ricorso a qualunque esca retorica per raccattare voti, dall’esaltazione di Enrico Berlinguer alle citazioni di papa Giovanni fino all’appello di Gianroberto Casaleggio “che la forza sia con voi”. Nessuno sa chi siano i capilista M5S, nessuno sa in quale gruppo si schiereranno nell’Europarlamento, che posizione hanno sui veri argomenti caldi, dal trattato di libero scambio con gli Usa all’unione bancaria ai rapporti tra Commissione e Consiglio.

Forza Italia –  A parte dentiere, aumento delle pensioni minime e abolizione dell’Imu, la campagna di Silvio Berlusconi si è retta sull’idea che solo lui, da premier, si era opposto allo strapotere tedesco e che nel 2011 solo un colpo di Stato lo ha defenestrato da palazzo Chigi. Gli italiani hanno memoria corta e comunque non sono interessati all’argomento. Tutti, ma proprio tutti, furono molto sollevati quando lo spread cacciò l’imbelle governo Berlusconi, paralizzato da rivalità personali e guai personali del Cavaliere. In Europa Berlusconi è considerato un paria, come tale è stato e sarà trattato. Lo sappiano anche i suoi elettori.

Altra Europa per Tsipras –  La parabola di questa lista è triste come il declino ventennale della sinistra italiana: residui di precedenti avventure politiche (Rifondazione, vendoliani, società civile, girotondi) si radunano attorno a un politico greco dallo scarso carisma di cui fino al giorno prima non sapevano nulla. Alexis Tsipras è il Vendola greco, senza gli imbarazzanti legami con l’Ilva e i poteri forti che tanto piacciono al governatore pugliese. E questo è quanto interessa ai suoi sostenitori: un greco contro un tedesco (Schulz). Il programma di Tsipras per le europee è impalpabile, la sua performance nei dibattiti con gli altri candidati debole, la scelta di parlare sempre greco per compiacere l’elettorato domestico è molto poco europea (i suoi fan dicono che è una difesa della verità linguistica in Europa, non esattamente la premessa per un continente più unito…). In Italia la campagna è stata: “Votate qualcosa di sinistra e un greco”. Dispiace per Barbara Spinelli, unica mente lucida di quel cacofonico agglomerato votato alla sconfitta, le cui idee e la cui serietà non sono state usate come ispirazione dagli altri candidati. Se anche questa volta le urne stabiliranno la natura minoritaria e quasi amatoriale di quel mondo, speriamo che i protagonisti recepiscano il messaggio una volta per tutte.

Scelta Europea – Peccato che il candidato più europeista e brillante di tutti, Guy Verhofstadt, in Italia sia sostenuto da un partito inesistente, cartello di sigle sconfitte e orfane di leader. Presenza simbolica.

Green Italy – Altro peccato: in Europa i Verdi sono guidati da una ragazza straordinaria, Ska Keller, in Italia Angelo Bonelli ha combattuto in solitaria battaglie giuste, come quella sull’Ilva. Ma gli italiani sembrano troppo concentrati sulla crisi per preoccuparsi dell’ambiente, considerato una questione da ricchi appagati con sensi di colpa. Ce ne pentiremo presto.

Lega Nord – Matteo Salvini ha dimostrato un cinismo raro nel cavalcare la battaglia dell’uscita dall’euro “arma di distruzione di massa”. Di economia capisce poco, di politica monetaria ancora meno, e si vede. Se il suo obiettivo fosse stato diventare un personaggio televisivo, ci sarebbe perfettamente riuscito. Anche sull’immigrazione – tema in cima all’agenda in Paesi meno coinvolti dell’Italia ­ ha fatto ricorso soltanto alla retorica antica della Lega, immune ai cambiamenti del contesto circostante.

Ncd – L’unica curiosità è capire se questo partito esiste davvero o è un ectoplasma politico. Per il resto non pervenuto.

Fratelli d’Italia – Idem.

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