“Meccanismo complesso di tipo tossico, disfunzionale cardiaco e asfittico”. Eccole qui, le cause della morte di Riccardo Magherini, l’ex promessa delle giovanili della Fiorentina il cui cuore si è fermato la notte tra il 2 e il 3 marzo scorsi durante un fermo da parte dei carabinieri. Che risultano iscritti nel registro degli indagati – accusati di omicidio preterintenzionale – insieme con cinque operatori e due centralinisti del 118 – per loro l’accusa è di omicidio colposo –. Le cause della sua morte sono esposte nel verbale redatto al termine della riunione, avvenuta due giorni fa, tra i consulenti tecnici del pubblico ministero, della difesa e dalla famiglia. Incredibilmente, tutti d’accordo: “Le parti si sono dichiarate concordi senza che allo stato fossero da richiedersi accertamenti e approfondimenti”, si legge nel documento che la stessa famiglia Magherini ha voluto diffondere. Ma questo, lungi dal voler mettere la parola ‘fine’ alle ipotesi di un abuso di forza da parte dei militari – come sostenuto, vedremo, dalla difesa – apre nuovi scenari proprio per i familiari. Riccardo faceva uso di cocaina, “da cinque mesi” spiega il fratello Andrea sulla pagina Facebook “Gli amici del Maghero”. L’esame tossicologico ne ha evidenziato infatti la presenza insieme con la benzoilecgonina. “Dovrei essere felice che Ricky stava smettendo con quella merda di roba”, ha scritto ancora Andrea.
Durante la riunione “sono stati illustrati iconograficamente i diversi reperti derivanti dall’esame esterno del cadavere e dall’autopsia. Si è poi proceduto alla osservazione dei preparati istologici”. Quella che segue è una lista di edemi ed emorragie, messe nero su bianco dai periti e sottoscritte da tutti i consulenti: encefalo, cuore, polmone, fegato. E poi quella “frattura costale con aspetti di vitalità”, che tradotto dal gergo medico-legale significa che la costola si è rotta quando il ragazzo era ancora vivo. “È riconducibile alla rianimazione”, spiega al Fatto l’avvocato dei carabinieri indagati, Francesco Maresca , che è categorico: “Bisogna smetterla di parlare di pestaggio. Sono stati esclusi segni di traumatismi derivanti da lesioni. Gli ematomi non sono riconducibili alla condotta dei militari. Non dimentichiamoci che lui aveva sbattuto forte il viso contro una vetrina, perché era fuori di testa”.
Infatti non è la frattura il punto su cui si giocherà la partita, è la parola “asfissia” che apre le diverse interpretazioni peritali. “La difficoltà respiratoria – ancora Maresca – può essere collegata sia all’assunzione di cocaina sia a una compressione prolungata da parte dei carabinieri. Vedremo se questo può aver influito, rimane solo questo piccolo spazio di discussione”. Di tutt’altro parere Fabio Anselmo, l’avvocato della famiglia Magherini: “È un verbale in cui sono stati riconosciuti i traumatismi – replica al Fatto –. Lo schiacciamento della testa a terra cos’è, se non un trauma? È una carezza? E poi non ci limiteremo alle perizie: ci sono i testimoni che dicono che i carabinieri hanno preso a calci Riccardo mentre lo tenevano bloccato a terra. Io dedico questo verbale a coloro che hanno sostenuto fin dal primo momento che l’unico responsabile della morte di Riccardo fosse lui stesso. A questo punto dobbiamo avere un processo”.
Le immagini di quegli ultimi secondi di vita sono terribili: Magherini, 40 anni e un figlio di due, chiede aiuto, urla “sto morendo”, “non ammazzatemi, ho un bambino piccolo”. È agitato, in preda al panico. Sono più persone a riprendere col telefonino quell’arresto, una di loro – si sente nel video – afferma: “Lo prendono a calci” . In faccia, ha riferito una testimone. Un ginocchio piantato sul collo, secondo un altro. Il 118 arriva una prima volta senza medico a bordo, e l’uomo viene lasciato ammanettato a terra, con la pancia scoperta sull’asfalto. La seconda ambulanza arriva 15 minuti dopo la prima ed è allora che viene avviata la manovra di rianimazione (quella che gli avrebbe rotto la costola). Troppo tardi. Riccardo non ce la fa. “Questo verbale dimostra quello che già sapevamo – spiega suo fratello Andrea –: Riccardo ha sofferto come un cane. L’avvocato Maresca si assume la responsabilità di quello che dice, escludendo le percosse. Mio fratello è morto di tortura”.
da Il Fatto Quotidiano del 24 maggio 2014