Prima dell’Europa c’è una continua celebrazione dei confini, con bandiere che sventolano sui morti. Immaginate un mondo dove chiudere è la parola d’ordine, dove frontiera è l’ideale più alto, dove chi abita nel Paese accanto può soltanto sottomettersi o morire. Prima dell’Europa ogni inno nazionale sostiene tre cose: che per il proprio Paese si deve morire, che anche l’altro deve morire, e che nessuno, proprio nessuno è più grande di noi (indicare il nome del Paese in cui sei nato e sei cittadino, indottrinato a fare parte, di tanto in tanto, di un cumulo di cadaveri). Prima dell’Europa la crisi si chiama guerra e ogni periodo difficile si risolve con una strage del tipo che si usava allora: uniformi, bandiere, gradi altisonanti, governanti cinici e incapaci come adesso, che però disponevano di una via d’uscita in più per i loro errori e malefatte: con la benedizione di Dio, ti mandavano a uccidere e farti uccidere per alcuni anni. C’erano Stati liberali e benevoli al loro interno, altri crudeli con i propri cittadini.

Tutti però erano diffidenti e severi con i cittadini degli altri, che dovevano subire verifiche accurate e pagare dazi prima di uscire e di entrare, ogni poche decine di chilometri, sempre con il rischio di essere stranieri sotto bandiera straniera. Un simbolo avventuroso di quella Europa era una celebre unità militare francese detta “Legione Straniera”. Doveva ubbidire in tutto e subire tutto ed essere disposto a tutto perché era composta di “non francesi”, dunque il peggio. Ma al di fuori dell’alone romantico e di malavita di quella “Legione”, ogni esercito europeo era Legione Straniera: infatti ogni tanti anni un popolo veniva “chiamato alle armi” e mandato a una vita e a una morte spaventosa fra caverne, trincee, deserti e gas asfissianti, in cui non tanti tornavano vivi e solo “i ragazzi” delle classi alte prendevano medaglie, da vivi e da morti. Morire ammazzati in guerra, prima dell’Europa, era così importante che ogni Paese che oggi fa parte dell’Unione, aveva e ha ancora il monumento più grande dedicato ai “Caduti”, che sono i francesi che hanno ucciso i tedeschi, gli italiani che hanno fatto strage di greci e di russi e non sono tornati, gli inglesi, colpiti dai missili tedeschi per due anni giorno e notte, e si sono vendicati cancellando intere città tedesche, come nel bombardamento di Dresda.

Prima dell’Europa c’è il fascismo, una malattia di nazionalismo e di frontiera, di superiorità e di folle innamoramento di se stessi che richiede la sottomissione e distruzione dei nemici. I nemici sono quelli che, in casa, non credono all’ossessione della superiorità , garantita dalla frontiera, e coloro che, da fuori, insidiano la tua grandezza e minacciano la tua frontiera per il solo fatto di esistere, anche se non muovono un dito. Gli antifascisti sono sempre agenti del nemico che vogliono aprire le porte e parlare con gli altri. Bisogna impedirlo e per questo ci sono le prigioni e il confino, che vuol dire separati, isolati, lontano. Alcuni italiani, dal confino fascista che dovrebbe farli tacere, scrivono insieme il “Manifesto di Ventotene” (il nome dal luogo in cui erano confinati), e da quel manifesto nasce la prima idea di vivere insieme, in pace, in una Europa senza frontiere. E quando si scatena la Shoah, progetto perfetto di sterminio di un popolo che è da sempre parte dell’Europa e che avviene nelle dimensioni di un’Europa unita dal terrore, subito si accendono dovunque i fuochi delle Resistenze che attraversano nazioni e frontiere per opporsi, da europei liberi, allo stesso nemico, e vincono. L’Europa, dunque, ha un solo nemico, il fascismo, e due padri, il “Manifesto di Ventotene” e i combattenti di tante lingue e di tanti luoghi nel grande impegno di riscatto detto “La Resistenza”.

Ora una cosa è certa, combattere l’Europa vuol dire combattere la Storia che ci ha formati. Smontare l’Europa vuol dire tornare all’ossario di caduti e di perseguitati, di sterminio organizzato e di distruzione chiamata “guerra”. Vuol dire vendicarsi di alcuni errori non lavorando a cancellarli, ma perdendo tre quarti di secolo di storia e un intero percorso di salvezza. Quelli di noi che erano bambini ai tempi delle persecuzioni e della guerra – massacro che ha sventrato l’intera Europa – possono dirvi che cosa sognavano.

Sognavano un’Europa senza frontiere e senza soldati, senza baionette e senza rastrellamenti, senza l’ossessione delle razze superiori e dei nazionalismi che chiedono continuamente sacrifici umani. Sognavano un’Europa dove non si cacciano coloro che cercano lavoro perché sono i nuovi figli che l’Europa non ha, non si cacciano coloro che chiedono asilo politico, perché migliorano la società che li accoglie, non si cacciano coloro che fuggono da guerre e persecuzioni perché l’Europa ricorda ciò che è stata (luogo di guerre e persecuzioni) fin quando è stata divisa. Adesso potremo essere nuovi e grandi, grandi nel senso di generosi ma anche nella capacità, con tanta forza unita, di produrre benessere.

Oppure, seguendo personaggi come Borghezio, distruggere tutto. Attenzione, però. Si può essere Borghezio con qualche travestimento e qualche gesto apparentemente moderno. Guardatevi dallo squallido originale. Ma guardatevi anche dai processi di strada. L’Europa è tutto quello che abbiamo. Dietro c’è un passato di morte. Non voltatevi.

Dal Fatto Quotidiano del 25 maggio 2014 

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