Rapporti amichevoli a rischio tra Svizzera e Italia
Articolo originale di Nikos Tzermias apparso su NZZ il 20 Maggio 2014
Traduzione di Claudia Marruccelli e Barbara Aceranti per ItaliaDallEstero.info
Martedì e mercoledì sarà in visita in Svizzera il presidente italiano Giorgio Napolitano. Il rapporto con i nostri vicini è influenzato da una serie di questioni controverse.
Martedì (scorso, ndr) il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e sua moglie Clio saranno ricevuti a Berna con tutti gli onori militari dal consiglio Federale al completo per una visita di Stato di due giorni, la prima dall’Italia dal 2003. Non mancheranno le occasioni per ricordare la stretta amicizia tra i due paesi, ma in realtà i rapporti bilaterali sono talmente tormentati che la visita dell’ottantottenne Napolitano, il quale riveste prevalentemente funzioni di rappresentanza, anche nella migliore delle ipotesi non potrà portare evidenti miglioramenti a breve.
Speranze deluse
All’inizio dell’anno c’era ancora motivo di sperare che la visita di Stato potesse coronare con esito positivo un nuovo accordo sulla doppia imposizione fiscale, oltre ad appianare le eventuali divergenze tra i due paesi. Tuttavia, il disgelo non ebbe luogo e nel mese di gennaio l’allora Primo Ministro Enrico Letta annullò una visita programmata a Berna che avrebbe dovuto spianare la strada alla soluzione del contenzioso fiscale e risolvere il problema della tassazione elevata dei frontalieri provenienti dall’Italia. A Berna si era anche sperato di porre fine alla discriminazione nei confronti delle imprese svizzere.
Invece del capo del governo Letta, nel mese di gennaio è arrivato a Berna il ministro dell’economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni, il quale comunicò un secco rifiuto rispetto all’idea della Svizzera di una sorta di tassa liberatoria al fine di legalizzare in maniera anonima gli evasori fiscali. Pochi giorni prima, il governo italiano aveva approvato un decreto che dava agli evasori fiscali la possibilità di autodenuncia con la quale sì si sarebbe dovuta pagare l’intera somma evasa, ma che garantiva delle ammende ridotte. D’altra parte il decreto escludeva la pena della reclusione solo per i casi più lievi di evasione fiscale, e i consulenti fiscali italiani stimarono che la legalizzazione delle attività non dichiarate avrebbe potuto costare in alcuni casi fino al 90 per cento del capitale occultato. Il nuovo governo del primo ministro Matteo Renzi è ora alla ricerca di una modifica del programma, che era stato fortemente contestato anche in Italia. Il decreto del governo Letta è già stato ritirato e una nuova legge dovrà essere adottata entro luglio.
Il fatto che l’Italia vada incontro alla Svizzera appare però improbabile. A Roma l’opinione dominante è invece che la Confederazione elvetica abbia già capitolato. Dopo che ai primi di maggio Berna ha accettato lo standard dell’OCSE per lo scambio automatico di informazioni, la firma di un nuovo accordo sulla doppia imposizione fiscale non sarebbe più necessaria.
Inoltre vi sono buoni motivi di temere che il governo Renzi possa agire in modo discriminatorio verso la Svizzera per quanto riguarda il programma sull’autodenuncia al fine di far rientrare il maggior numero possibile di capitali in fuga. Anche il decreto del governo Letta aveva previsto di dimezzare le imposte sanzionatorie al momento del rimpatrio dei capitali in Italia o in un altro paese dell’UE o addirittura di ridurle solo ad un quarto. Secondo le stime italiane si tratta di una fuga di capitali di 200 miliardi di euro, di cui il 70 per cento depositati in Svizzera.
Malcontento in Ticino
La presunta intenzione italiana di prosciugare la piazza finanziaria ticinese, potrebbe inoltre complicare la soluzione del problema dei lavoratori transfrontalieri al confine meridionale della Svizzera e quella delle varie liste nere con cui le banche e le società elvetiche vengono discriminate in Italia. La controversia ha già causato malcontento nel Canton Ticino, che Napolitano intende peraltro visitare, e ha contribuito al successo dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, la quale a sua volta ha reso difficile normalizzare le relazioni tra i due paesi.
La Svizzera è un importante fonte di posti di lavoro, di investitori stranieri ed è il quarto mercato di esportazione per l’Italia. Tuttavia, raramente è stata considerata dal Belpaese come vicino strategicamente importante. Domina piuttosto lo stereotipo che gli Svizzeri siano diventati ricchi non da ultimo grazie al loro indicibile opportunismo. Con la tempestiva partecipazione all’Expo del 2015 a Milano, o con l’assegnazione all’Italia all’inizio dell’anno del pagamento di 150 milioni di franchi a fondo perduto per lo sviluppo di nuove tratte ferroviarie, Berna ha cercato di correggere il tiro. Ma la cosa non ha avuto alcuna risonanza in Italia.