La compagnia anglo-olandese obbligava il distributore a applicare prezzi più alti rispetto a quelli praticati da una pompa vicina e gestita da una società controllata dalla stessa Shell. Il giudice riconosce l'"abuso di dipendenza economica". Secondo il sindacato dei benzinai la condanna "ha come effetto diretto il beneficio immediato per gli automobilisti" e "presenta motivazioni capaci di sconvolgere l'assetto del mercato"
Il gestore di un impianto Shell di Massa ha ottenuto dal giudice del tribunale del Lavoro la condanna della compagnia anglo-olandese per “abuso di dipendenza economica”. La decisione era stata presa, con procedura d’urgenza, già a fine febbraio, ed è stata ora confermata dopo il reclamo opposto dall’azienda. Shell – che tre mesi fa ha annunciato la cessione della sua rete di stazioni di servizio a Q8 – dovrà abbassare i prezzi imposti fino ad ora al gestore e applicargli una tariffa analoga a quella praticata presso un altro impianto a pochi chilometri di distanza, gestito dalla stessa azienda petrolifera attraverso la società controllata Aico. A quest’ultima fanno capo i singoli benzinai che, invece di prendere la pompa in comodato, decidono di diventare “associati in partecipazione“. Secondo le accuse mosse in passato di alcuni gestori, il contratto prevede margini di guadagno decrescenti all’aumentare delle vendite. Ma, evidentemente, chi non si associa deve fare i conti con altri svantaggi, come appunto l’obbligo di applicare prezzi più altri. Diventando, quindi, meno competitivo rispetto alla “concorrenza”, pur facente parte dello stesso gruppo.
Il collegio giudicante, infatti, ha rigettato il reclamo di Shell scrivendo che il “consistente squilibrio tra i prezzi imposti al gestore e quelli fatti praticare” all’impianto Aico “non è giustificato da alcuna particolare e dimostrabile ragione commerciale”. Non solo: più in generale il dispositivo della sentenza riconosce che il gestore va tutelato in quanto “parte debole”. Come dimostra il fatto che il contratto di fornitura tra Shell ed il gestore prevede da un lato l’esclusiva della fornitura a favore della società petrolifera, dall’altro la fatturazione del carburante ai prezzi indicati di volta in volta dalla compagnia. La quale quindi ha “piena facoltà di determinare i prezzi unilateralmente e senza alcuna limitazione“. Ed “è evidente che la contemporanea sussistenza di queste due clausole contrattuali determina un evidente squilibrio nelle posizioni delle parti a favore” di Shell “nel senso che consente a quest’ultima di determinare pressoché unilateralmente ed arbitrariamente al gestore i prezzi di vendita dei carburanti”.
Secondo il sindacato dei benzinai Fegica Cisl di tratta di “una sentenza importantissima perché, oltre la condanna in sé che ha come effetto diretto il beneficio immediato per gli automobilisti, presenta motivazioni capaci di sconvolgere l’attuale assetto ingessato del mercato dei carburanti” e “riconosce la legittimità delle denunce che la categoria da tempo presenta per i prezzi alti e fuori mercato che vengono imposti ai gestori”. Quelle sostenute dal Tribunale di Massa, infatti, sono motivazioni di carattere generale che investono i comportamenti di tutte le compagnie petrolifere e l’intero settore. La Fegica Cisl ha lanciato un anno fa l’iniziativa “Class action. Giustizia per i gestori”, che punta proprio a contestare le condizioni contrattuali – ritenute troppo gravose e in qualche caso discriminatorie – applicate nei confronti dei benzinai. In quest’ambito la federazione ha avviato direttamente un’azione legale contro Eni, mentre singoli gestori di diversi marchi hanno presentato ricordi in modo indipendente. Tra questi, appunto, il gestore di Massa.