Una delle caratteristiche dell’analisi del dopo voto in Italia da parte dei partiti è sempre stata: “Abbiamo perso, e perciò abbiamo sbagliato”; “abbiamo vinto e perciò abbiamo operato bene”. L’equazione non regge. Essa parte dal presupposto che l’elettorato abbia sempre ragione e bisogna perciò adeguarsi ai suoi voleri. Invece è esatto quasi il contrario.
Lo scout non si è discostato molto. Con una loquela abbastanza simile al nano ha promesso gli ottanta euro in busta paga, ha dato la speranza che “ce la faremo” al di là di ogni ragionevole dubbio.
Premetto questo perché troverei davvero fuori luogo che oggi il M5S, di cui apprezzo molto il programma, dovesse focalizzarsi su cosa esso possa avere sbagliato. Diciamo che il suo leader avrebbe potuto essere meno veemente, diciamo che non tutte le espulsioni possono avere convinto, ma sarebbe oltremodo sbagliato giungere alla conclusione che il programma o la strategia sono sbagliati perché si sono persi due milioni di voti. Anzi, si sono persi in buona parte per la coerenza dimostrata. La cartina al tornasole che accerta quanto ciò sia vero è stata la campagna mediatica contro il M5S, la paura che ne avevano i poteri forti, ed infatti alla notizia che Renzi ha stravinto la Borsa di Milano ha strabrindato.
Purtroppo, diciamolo, la gente non vuole cambiare, vuole protrarre questo status quo finché le sarà possibile, ed i partiti vogliono auto perpetuarsi. Il M5S vorrebbe cambiare non tutto ma buona parte. E non vende illusorie speranze.
Spesso con i miei amici ambientalisti mi sono chiesto come si possa avere una società davvero migliore, ovviamente imponendo rinunce, cambiamenti drastici ai nostri stili di vita, eccetera. E siamo giunti alla drammatica ma realistica conclusione che un programma per, diciamo così, “salvare l’umanità” non verrebbe votato da nessuno.