Con gli occhi sul derby Renzi-Cinque Stelle abbiamo trascurato il sentimento che accompagnava una parte degli elettori. Razzismo suona sgradevole: nessuno si impantana. Lo si trasforma nella difesa dei posti di lavoro che gli orribili emigrati (spazzini, muratori a mezza paga, braccia che raccolgono pomodori) rubano ai nostri ragazzi disperati per la crisi che taglia la vita. Solo la rabbia delle madri leghiste di Pontida ha vuotato il sacco nel quale frugano i sondaggi della Pew Research e European Network Against impensierite dalle minacce di certi partiti. Piazze isteriche: Polonia, Francia, Inghilterra, Italia al quarto posto con un trend impazzito nelle ultime settimane. Macchine dell’odio contro musulmani e rom che riaccendono l’antisemitismo. Si inventano nemici sui quali scaricare gli intrighi delle nostre buone famiglie: dagli untori della Milano dei Promessi Sposiagli ebrei di Hitler che “strangolavano il mondo”.
Sigillo finale, l’orgoglio di Matteo Salvini: annuncia come un regalo l’incontro con Marine Le Pen. Assieme cambieranno il continente. Il Fronte Nazionale di Marine è un partito familiare. Bastone di comando da padre a figlia che l’ha diviso con due mariti: il terzo compagno addirittura vicepresidente del partito. L’estrema destra di Jean Marie Le Pen è cresciuta a braccetto con l’Ordine Nouveau ispirato dall’Ordine Nuovo di Pino Rauti, avanguardisti duri e puri, bombe nella stagione delle stragi. Ma il Le Pen capofamiglia adorava Fuerza Nueva, “Dios, Patria y Justicia” di Blas Pilar ombra del dittatore Franco. Senza contare i trasporti per Giorgio Almirante che gli presta il simbolo del Msi: fiamma bianco, rosso e verde a Roma, fiamma bianco rosso e blu a Parigi.
I comandamenti non cambiano: nazionalismo, integralismo, lotta agli stranieri che inquinano noi ariani con matrimoni misti e l’arrembaggio degli sbarchi. Negli anni del duce, Almirante era vicedirettore del “Giornale della Razza”, volano dei campi di sterminio. Orgoglio bianco aggiornato ai nostri giorni dalle patrie da autodisegnare: Carinzia senza Austria, Barcellona senza Madrid, Lombardo Veneto senza Roma. Mentre papa Francesco si appoggiava al muro che divide Betlemme e confessava “la vergogna“ per i bambini annegati nei nostri mari durante la fuga dagli orrori della Siria, un paginone domenicale de la Padania proclamava che “clandestino è reato”. Votate per noi che li rimandiamo a casa. Nessuno nasce clandestino, ripete Francesco a Gerusalemme dove prega con un rabbino e un imam. A proposito di preghiere. Con quale intenzione si inginocchia davanti agli altari il Veneto devoto, dove più o meno il 20 per cento dei fedeli ha votato per Salvini-Le Pen? Vocazione ripetuta nella Bergamo di papa Giovanni. In ginocchio magari col dubbio nella scelta tra Francesco o il Salvini che adesso può cantare “le donne non ci vogliono più bene perché portiamo la camicia nera”.
Vent’anni fa, Bossi spiegava di essersi politicizzato per gli insegnamenti di un vecchio partigiano comunista: gli aveva fatto capire il dovere di aver preso le armi contro la violenza delle squadre nere. Raccontava nell’ascensore della palazzina dei gruppi parlamentari attorno a Montecitorio. Sale Alessandra Mussolini. Viaggio di 3 minuti fra insulti e parolacce. Vent’anni dopo, la signora Le Pen affascina il nuovo segretario. Ironia di Giuseppe L, lettore di Desenzano: perché la Lega ha fatto bingo? Questa volta, nel segreto dell’urna, dio non guardava ma la furbizia sì.
mchierici2@libero.it
Il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2014