Alcuni attivisti del capoluogo della Lombardia si sono incontrati per commentare i risultati delle elezioni. Doveva essere una festa e si è trasformata in una lunga riflessione. Festeggiano il candidato eletto per Bruxelles Marco Valli e pensano già a domani. Ma hanno chiaro in testa dove si è sbagliato: "E' dura. Abbiamo dato per scontato i giovani. Ci vuole più umiltà e il coraggio di ricominciare da quella che è comunque una vittoria"
Doveva essere la festa per celebrare i risultati delle Europee ed è diventato un incontro per ricominciare, una lunga serata per fare autocritica. I sorrisi c’erano, anche le pacche sulle spalle e le spillette del Movimento 5 stelle. L’umore quello, era a terra. Gli attivisti di uno dei Meetup di Milano, la sera dopo le elezioni, non se l’erano proprio immaginata così. L’invito era in programma da alcuni giorni, poi Matteo Renzi che arriva al 40 per cento e l’M5S che si ferma al 21. E in Lombardia ancora peggio: 15,74 per cento dietro Forza Italia (16,89%) e a un punto dalla Lega Nord (14,61%). Come se fossero tornati indietro di anni. Ma quando qualcuno ha proposto di cambiare il nome dell’incontro da “Vinciamo noi” a “piangiamo noi”, gli attivisti lo hanno subito messo a tacere. Al bar Verro2, fuori Porta Romana, sono arrivati in cinquanta: “Sono tre mesi che non ci parliamo senza l’ansia da campagna elettorale”. C’era bisogno di riabbracciarsi dopo le lunghe ore della sconfitta. “Brucia. Ma quante piazze abbiamo visto?”. E’ di quelle delusioni che scottano, che feriscono l’orgoglio, ma anche riportano alla realtà. Si mettono nel cortile, si stringono in cerchio e applaudono il deputato eletto all’Europarlamento Marco Valli. Parlano dell’organizzazione, di come incidere a Bruxelles. Pensano già a domani. Si guardano negli occhi: “Questa è una vittoria. Non dimentichiamolo. Portiamo diciassette dei nostri lassù”. Gli chiedono se ha già cominciato a studiare, se sa come funziona. E’ un nuovo inizio, ma gli errori della lunga campagna li hanno ben chiari in testa: poca organizzazione, toni forti e un’aspettativa troppo alta “quando la base sapeva benissimo che sarebbe stata dura”. E poi i giovani dati per scontati e dimenticati e che “non sono stati sufficienti per ottenere il risultato”.
Si beve qualche birra, sul tavolo piatti di patatine e pezzi di pizza. Al bar Verro2 si balla il liscio in alcune sere della settimana. “Ma il problema del Movimento non sono gli anziani”, dice qualcuno sorridendo. “Abbiamo un problema. Non abbiamo tirato dentro i giovani”, commenta l’attivista Sergio Sangiovanni. I giovani, quelli disoccupati e operai. Quelli under 30 che fuggono all’estero. Quelli che i 5 stelle dicevano sono già tutti con noi: “Pensavamo di averli dalla nostra parte”, dice Fulvio Martinoia, ex candidato per i 5 stelle per le elezioni parlamentari, “Ma il problema è che poi non sono andati a votare. Il Partito democratico ha convinto di più. Pensavamo di averli già conquistati. Lavoreremo meglio, su università e su i luoghi di aggregazione. Li dobbiamo andare a cercare. Non dimenticatevi però che noi non abbiamo i media dalla nostra parte. E’ ancora più difficile. Dobbiamo convincerli. Noi continuiamo e facciamo riflessioni, anche pesanti, sul futuro”. Beppe Grillo intervistato da Vespa? Dicono che quello è l’ultimo dei problemi in casa 5 Stelle. “La piazza non basta”, continua Sangiovanni, “c’è anche la televisione. Alla fine di noi chi è andato in tv? Solo Casaleggio, Grillo e Di Battista. Non basta”.
I toni sono quelli di consolazione. Se si guarda tutto da un altro verso, la vittoria c’è stata: il Movimento ha tenuto e il 21 per cento non suona poi così male. “E’ dura”, dice Mery. “Ci abbiamo creduto tutti. E invece abbiamo perso consenso ovunque in Italia. Però sono sicura che non possiamo mollare ora. Dobbiamo informare i cittadini. Siamo la parte onesta dell’Italia. Non possiamo dimenticarci da dove tutto è cominciato. Penso a Vito Crimi. Quattro anni fa non siamo riusciti a farlo eleggere in consiglio regionale. E ora invece è in Parlamento. Dobbiamo farci un bagno di realtà: in Lombardia abbiamo preso poco. Deve farci riflettere”.
Si guardano in faccia. Qualcuno ha la giacca e la cravatta ed è appena uscito dal lavoro. Una ragazza indossa un vestito lungo nero, perché in fondo questa avrebbe dovuto essere una serata di festa. Altri si abbracciano. Ma le parole pesanti non faticano a pronunciarle. “Dobbiamo fare una sana autocritica. E poi pensare a migliorare”, dice l’attivista P.B. che non vuole dare il nome “per non compromettere” la sua situazione professionale. “Gli italiani hanno scelto Renzi perché dava fiducia, dava serenità – aggiunge – Noi invece siamo un cambio radicale e spaventiamo di più. E’ normale. Ci vuole più umiltà. Abbiamo peccato di ingenuità e ora dobbiamo cercare di ripartire dalla base. A volte servono anche i colpi così forti”. Che non sarebbe stata una vittoria lo sapevano tutti prima di cominciare, ma poi è arrivato il “Vinciamo noi“, la suggestione collettiva e per un attimo ci hanno sperato davvero. Ma dalla base, prima di partire, sapevano che non sarebbe stato così facile. “Ci abbiamo creduto”, continua il gruppo. “Grillo ha detto: siamo a un voto dal Pd. Era in piazza a Pescara, c’erano migliaia di persone. Non era così. Ora lo sappiamo”. Lo slogan lo criticano in tanti. “E’ la frase che fa sorridere”, commenta Andrea Galliano, “sembra il ministro di Saddam in Iraq che con gli americani alle porte annunciava l’imminente vittoria della guerra”.
Un bagno di umiltà. Lo chiamano così. Perché chi ha visto le piazze sapeva che non era un plebiscito come le volte scorse, perché loro che girano le “agorà” conoscono le facce e sanno su cosa e come contare. perché loro sono nati prima dell’ondata mediatica e certe dinamiche ormai le conoscono. “Noi abbiamo uno zoccolo duro”, commenta Aldo Gasparri. Attivista della prima ora, c’era il giorno del Meetup uno a Milano e c’era a Firenze con i primi incontri. “Candidarmi? Non ci ho mai pensato. Preferisco l’attività di ogni giorno. E io so che il tempo ci darà ragione. Abbiamo perso ma non abbiamo raccontato bugie. Non abbiamo fatto promesse che non possiamo mantenere. E Renzi come farà invece? Le battute d’arresto ci saranno sempre, ma se la democrazia è sana, noi possiamo solo migliorarci“.
A tirare su il morale ci pensa Livio Lo Verso. E’ un militante del Movimento da anni, ha visto le conquiste in questi anni e anche qualche delusione. Quando la serata sembra ormai persa tra le chiacchiere chiama il neo eurodeputato Marco Valli e gli dice: “Adesso tocca a te. Raduni fuori gli altri e ci parli”. Lo Verso ricompatta i suoi e li costringe all’applauso quasi per risvegliarli: “Io dico solo una cosa. Quando abbiamo festeggiato l’entrata in consiglio comunale di Mattia Calise eravamo in venti. Oggi siamo in cinquanta per quella che tutti chiamano sconfitta. Non è così. Mi piace perdere con diciassette eletti in Parlamento. Il post di Beppe è stato chiaro. Abbiamo fatto qualche errore, ma sappiamo da dove ricominciare. Il ‘Vinciamo noi’? E’ un messaggio forte, ma ha solo ricompattato noi e non ha conquistato gli altri”. I 5 stelle cercano di pensare ad altro, di ripartire da zero e assicurano che “sanno come si fa”. “Come facciamo adesso a far valere le nostre istanze?”. Interviene Bruno Misculin, un altro che il Meetup di Milano l’ha visto nascere. Per l’Europa si era candidato anche lui, ma non è stato eletto: “Adesso dobbiamo cercare di raccogliere le forze e soprattutto restare in contatto con chi è stato eletto. Non sommergeteli di chiamate. Diamoci un organizzazione per essere efficaci. Ah e poi grazie a tutti quelli che mi hanno dato fiducia”. Marco Valli è frastornato. Dice che ha esperienza, ma ha solo 28 anni. Ora è catapultato in Europa. “Vorrei essere a casa a studiare, ma voi mi riempite di messaggi. Ci tengo a restare in contatto con voi. Cercheremo di andare a Bruxelles per cambiare le regole. Valuteremo insieme. Questo risultato non può che farci migliorare”.