“Scende giù dalla collina stringendo a sé la sua bambina morta. La testa poggiata sul petto come se stesse dormendo, un braccio abbandonato lungo un fianco, i folti capelli raccolti a coda, all’estremità della gamba destra il piedino mancante. Cammina come ondeggiando, portandosi appresso il suo dolore profondo. Non piange, non si ferma, non permette a nessuno di aiutarlo. ‘Grazie, grazie’ dice a chi gli muove incontro. Nel buio della sera avanza sulla strada, fino a diventare sempre più piccolo agli occhi di chi lo guarda da lontano, fino a sparire dalla vista.”

È uno dei brani più incisivi tratto da Il confine sminato. Cronache da Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Sud Sudan, Bosnia ed Erzegovina, Italia di Tamara Ferrari (con una testimonianza del giornalista Rai Franco Di Mare) ed edito da Edizioni Spartaco. Tamara Ferrari è una giornalista curiosa e intraprendente. È una donna di frontiera che, prima di raccontarla, ha imparato a viverla, la guerra, percorrendo le distese desolate dei campi profughi in Africa, leggendo l’orrore nell’espressione impaurita degli orfani e sentendo i gemiti dei piccoli scampati alle esplosioni in Medio Oriente. In questo libro, tratteggia storie che sono la diretta conseguenza della barbarie e dell’odio, affidandosi anche agli occhi di un militare italiano, specialista nel mettere in sicurezza i campi minati, convinto per esperienza personale che un genitore non dovrebbe mai seppellire un figlio. Così la pensano anche i parenti di Homa e Makema, due bimbette consumate da stenti e malaria in un accampamento di rifugiati. Lo afferma con forza Zuhur, padre di una studentessa saltata in aria su un pullman finito nel mirino dei terroristi. Lo sostiene Ahmet che piange i cinque maschi di famiglia, trucidati dopo essersi arruolati in fazioni contrapposte. A tutti fa eco Dimitri che compie un viaggio all’inferno, schivando proiettili e pregiudizi, pur di riportare il suo ragazzo a casa. Ed è ciò che sembrano suggerirci queste pagine: sulla linea spessa del dolore, là dove è passato il vento della follia umana, svanisce il confine che distingue razze, culture, religioni.

Dal mio punto di vista le pagine più riuscite sono quelle dedicate a Sarajevo. Dove si narra di piccole vittime, bambini caduti nel vortice dell’orrore. Scene di inferno quotidiano che Tamara Ferrari è brava a tratteggiare con poche, essenziali parole.

Rimanendo nei Balcani, all’ultimo Salone del Libro di Torino ho scoperto, grazie a un volume pubblicato da Voland, che Emilio Salgari, oltre ad essere uno dei grandi scrittori purtroppo quasi ignorati dalle nuove generazioni con il capello alla Balotelli, è stato anche un giornalista originale. Voland ha pubblicato, infatti, Un’avventura in Siberia, che oltre a contenere sette racconti d’avventura, regala al lettore una ventina di articoli, firmati da “Ammiragliador” tra il 1883 e il 1885. Sono cronache notevoli per essere state scritte da un reporter che non ha mai viaggiato, e che spiegano ai lettori di fine Ottocento i problemi della politica internazionale: la questione croata, l’instabilità bulgara, l’insurrezione in Serbia, i russi alle porte dell’India, la russificazione della Polonia, le rivolte della Bosnia-Erzegovina. Difficile non leggerci una sorta di preveggenza:

“Si sa che la Bosnia e l’Erzegovina, le due province che l’Austria-Ungheria strappò al vecchio impero turco e che aggregò forzatamente alla Dalmazia, furono sempre due paesi turbolenti, due paesi nei quali visse sempre il brigantaggio, ma oggi le cose si sono così aggravate da far temere seriamente che una generale insurrezione abbia fra non molto a scoppiare.”

Un romanzo dal respiro internazionale (Inghilterra, Cile, Stati Uniti, Australia), ma con il cuore a Stromboli. Un romanzo corale, sincopato, originale nella struttura. Si tratta di Iddu, di Andrea Vismara (Edizioni Spartaco). Dai quattro angoli della Terra, spinte da una ricerca personale, dieci persone convergono a Stromboli. Ma il caso, che apparentemente sembra reggere i fili del destino, è in realtà asservito al dio vulcano, presenza costante che si insinua lentamente tra le righe e nelle vite dei protagonisti. Ciascuno arriverà a guardare in faccia il passato e a forgiare il futuro, dopo aver compreso, forse per la prima volta, lo scopo del viaggio e della propria esistenza. Un romanzo sorprendente, fatto di strade che s’incrociano, di colori e note che scivolano con la leggerezza dei sogni ed esplodono con la violenza degli incubi. Una narrazione avvincente, che non concede soste: sentimenti, passioni, amore e morte si fondono in un abbraccio che soffoca, comprime o libera lo spazio e il tempo, ribollendo al ritmo ipnotico di Iddu fino al colpo di scena e alla catarsi di un finale mozzafiato.

“…aveva sentito il respiro del vulcano. Era rimasta in silenziosa attesa di un altro richiamo, ma non tanto per il fascino di quel rauco sospiro, quanto perché aveva inteso qualcosa di strano, di sconvolgente. Passavano i minuti, i secondi. Quando quel gemito era tornato, aveva teso le orecchie e trattenuto il respiro. La magia si era ripetuta e allora aveva avuto la certezza di non essersi sbagliata: lassù era stato gridato il suo nome.”

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