Il sindaco spiega di non voler polemizzare a seguito del risultato delle elezioni che hanno visto il trionfo del Pd con il 40,81 per cento dei voti contro il 21,16 dei Cinque stelle: "Ci sono stati molti errori. La gente aveva bisogno di speranza. Ora dobbiamo ripartire"
Il sindaco di Parma chiama tutto il Movimento 5 stelle a un’attenta riflessione. Lasciando aperte tutte le possibilità. “I bambini finché vengono tenuti per mano non riescono a camminare da soli, a un certo punto bisogna lasciarli andare. Altrimenti non ci riescono”. Il riferimento, anche e soprattutto ai vertici, è molto chiaro.
Sindaco, i giornali dicono che sia una bocciatura anche per lei, il Pd a Parma è tornato a percentuali molto alte. È vero?
A Parma siamo al 19 per cento, in linea con il dato nazionale, molto più alto di quello di Bologna, se vogliamo fare un paragone. Il problema è proprio la trasposizione di risultati locali su un’elezione che era europea. Paragone non affrontabile. Anzi, credo che in tutta la campagna elettorale si sia parlato troppo di Italia e poco di Europa. Probabilmente dire solo no all’euro non era sufficiente. Ed è stato sbagliato personalizzarla: Grillo, Berlusconi e Renzi. Non c’era altro.
La sua è una critica a tutti. Ma anche e soprattutto a Grillo.
Non è una critica, ma una riflessione che oggi dobbiamo imporci: portare la discussione sul piano delle idee e non delle persone.
Cioè?
Dobbiamo portare il Movimento 5 stelle a una nuova maturazione. Cambiare i toni. Probabilmente quello che andava bene un anno e mezzo fa non è più efficace oggi. Ce lo dice il risultato. E il mio è un tono assolutamente propositivo. Mi sono sentito con Beppe Grillo quando ho fatto le mie considerazioni sui candidati alle europee e siamo in attesa di vederci. Faccio queste dichiarazioni da sindaco, eletto con il Movimento e dentro al Movimento. Dunque penso al futuro.
Secondo lei Grillo, soprattutto negli ultimi dieci giorni, ha alzato eccessivamente il tono del confronto?
Non è un problema di dieci giorni. Forse l’atteggiamento propositivo, nei toni pacato, andava usato appena siamo entrati in parlamento. Quel giorno dovevamo cambiare l’atteggiamento nei confronti delle istituzioni, dovevamo far capire ai nostri elettori che avevamo ricette e non solo propositi distruttivi. Non critico il lavoro, sempre egregio. Sottolineo ancora il tono. Che doveva essere istituzionale senza stravolgere la nostra natura. Dovevamo cambiare il passo e oggi lo paghiamo.
Però il tono aggressivo imposto dal vostro frontman, Beppe Grillo, vi ha portato al 25,5 per cento. E oggi resta oltre il 20. Non sarebbe esagerato buttare tutto?
Non dico di cambiare tutto, dico di adeguarci. Ce lo dicono i risultati.
Ha vinto la speranza piuttosto che “andate tutti a casa”…
Esattamente. La gente probabilmente aveva bisogno di quello. E da noi non è arrivata.
A cosa si riferisce?
A tutto e a niente. Prendiamo l’Expo: si mettono in galera i colpevoli della corruzione, ma l’opera deve andare avanti. Il no a tutto non funziona. Io lo so meglio di altri perché amministro un Comune.
Però il Movimento 5 stelle è un partito di opposizione, cambiare l’atteggiamento non vorrebbe dire adattarsi?
Io lo trovo più coerente e al passo con la stagione che si vive. Abbiamo visto che non ha funzionato, si va avanti e si cambia l’approccio. Non c’è niente di drammatico in tutto questo. E lo dico sulla base di quella che è la mia esperienza amministrativa.
Lei chiede a Grillo e a Casaleggio di fare un passo indietro?
Non sono io a doverlo dire. L’importante è chiedersi cosa abbiamo sbagliato. L’intento di Grillo era sempre stato quello di accompagnare tutti – parlo di noi, quelli che hanno fatto parte dall’inizio di questa avventura – fino a un certo punto e poi lasciare la gestione diretta in mano agli attivisti. L’ho già detto: non sono io a dover dire quando. Tutto qui. Non polemizzo. Non lascio. Non accuso nessuno. Giusto per prevenire i titoli. Chiedo di valutare cosa sia giusto fare in un momento delicato come è questo.
da Il Fatto Quotidiano del 27 maggio 2014