Dalle prime ore di questa mattina i carabinieri del Nas di Parma e i colleghi dell’Arma territoriale di 16 province e 8 Regioni stanno eseguendo sequestri preventivi di beni per oltre un milione di euro a pubblici amministratori di un ospedale per appalti pilotati. Nell’operazione, chiamata ‘Last business’, risultano indagate 63 persone. L’indagine coordinata dalla procura della repubblica di Modena ha smascherato un sistema di tangenti per l’acquisto di strumentazioni mediche e per l’affidamento di lavori al Policlinico di Modena. In particolare i pubblici amministratori procedevano, attraverso appalti pilotati, all’aggiudicazione di lavori e forniture di strumentazioni mediche con la procedura dell’individuazione diretta della ditta senza rispetto dei principi della libera concorrenza e della scelta del contraente in violazione delle norme del Codice degli Appalti. Tra gli indagati anche l’ex direttore generale del Policlinico, suoi stretti collaboratori e professionisti, responsabili a vario titolo di associazione per delinquere, corruzione, abuso d’ufficio, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, riciclaggio.

Sono 70 i carabinieri del Nas che stanno dando esecuzione a ventiquattro misure cautelari reali relative a conti correnti e dieci decreti di perquisizione domiciliare, emessi dalla Procura modenese. Gli accertamenti si sono concentrati sulle procedure adottate per l’affidamento di alcuni appalti al Policlinico di Modena a far data dal 2007 in avanti. Due i settori di attività pubblica in cui si estrinsecavano atti illegittimi e coscientemente diretti a procurare indebitamente vantaggi patrimoniali nei rapporti con i privati, contraenti della Pubblica Amministrazione: appalti con grandi gruppi imprenditoriali del ramo edile e servizi, consorzi di imprese aggiudicatari di commesse anche pluriennali ed anche di ingente valore per conto del Policlinico di Modena, nonché imprese designate per l’esecuzione delle opere appaltate; appalti di forniture e servizi più specificamente attinenti alle attività di assistenza della struttura ospedaliera e, quindi, a contratti intercorsi con soggetti privati del ramo biomedicale.

L’indagine ha portato alla luce un sistema di dazioni di denaro complesso e macchinosamente strutturato. I pagamenti non avvenivano mai in modo diretto ed immediato dal privato al pubblico ufficiale ma seguivano un percorso più tortuoso che, quantomeno nelle prime fasi, ostentava una parvenza di legittimità. Gli esborsi delle imprese private corruttrici, infatti, consistevano in accrediti su conti correnti che facevano capo a enti in vario modo collegati ad alcuni dei principali indagati e avevano come oggetto sociale l’organizzazione di servizi volti alla divulgazione e promozione scientifica. Le rimesse di denaro si giustificavano apparentemente come corrispettivi per l’organizzazione di convegni o per sponsorizzazione ad enti no profit o provider in servizi strumentali ad attività scientifiche e di ricerca. Il sistema ha evidenziato anche il ricorso al riciclaggio dei proventi illeciti attraverso la collusione di enti e società. In tale contesto, infatti, operavano tre società – oggetto di provvedimento di perquisizione – riconducibili ai principali indagati su i cui conti correnti veniva fatto transitare il denaro frutto della tangente che successivamente veniva – attraverso false fatturazioni – trasferito sul conto corrente di un poliambulatorio di proprietà della consorte di uno degli indagati. Sono in corso sequestri preventivi, ai fini della confisca, di circa 1.500.000 euro sui conti correnti bancari riferibili a indagati e società collegate.

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