“Quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così“.
Questa dichiarazione di Grillo, a commento del risultato elettorale a lui non troppo favorevole è la quintessenza della sua ideologia e della strategia politica: identificare un nemico ottuso e anche un po’ disonesto a cui addossare la colpa; attribuirsi la sola volontà di cambiamento di una situazione totalmente negativa la cui permanenza si accolla alla reticenza insensibile di chi proprio non capisce quanto buono sia il cambiamento che lui propone, ammesso che l’abbia mai spiegato; è una guerra, l’ha detto e ripetuto più volte e nelle guerre non esiste area grigia: o con me o contro di me.
Il primo pregiudizio riguarda la non volontà di cambiamento dei “pensionati”; presumibilmente Grillo ritiene a priori che i pensionati stiano beatamente (e beotamente) arroccati in una situazione di privilegio e che vedano di malocchio qualsiasi cambiamento, temendo che possa fare loro solo male; vorrei sfatare questa idea; ci sono molti pensionati i quali nell’ordine: non hanno privilegi che difendano (basti pensare a quel 3% di pensionati che percepiscono pensioni inferiori ai propri contributi), vedrebbero con grande favore molti cambiamenti, ma non necessariamente coincidenti con quelli che ha in mente Grillo, sarebbero anche disposti a cambiamenti che comportino qualche sacrificio purché nell’ambito di un progetto che dia un senso a quei sacrifici e soprattutto li distribuisca uniformemente e tenendo avvistati i meriti.
Il secondo pregiudizio, anche puerilmente idiota, è che i pensionati siano così egoisti da non pensare alle generazioni future; espresso nella forma nella quale l’ho espresso io resterebbe un pregiudizio, ma potrebbe avere una qualche spiegazione razionale; nella forma in cui l’ha espresso Grillo costituisce l’inquadramento del generico “pensionato” (categorizzazione che ricorda “l’ebreo”, “il musulmano”, “il meridionale”) nella figura mitica di un gretto Saturno che è disposto a divorare i propri figli naturali pur di tirare gli ultimi anni della vita. Con buona pace di Grillo, molti pensionati hanno oggi figli in età di studio, ai quali pensano quotidianamente con attenzione e preoccupazione; altri, un po’ più anziani, hanno nipotini, del cui futuro sono molto preoccupati. Inferire, anche se per incapacità di controllare le parole o forse di formulare pensieri compiutamente razionali, che qualcuno possa assurgere alle vette dell’egoismo consistenti nel sacrificare il futuro dei propri – letteralmente – figli e nipoti, è una idea non già stralunata, ma bieca.
Infine, i pensionati “così” non stanno affatto bene. Con l’eccezione di coloro che dal sistema pensionistico ormai tramontato hanno avuto benefici tali da concedere loro una vita sopra quanto fosse loro lecito aspettarsi e agiata, i pensionati sono stati martellati a più riprese, a cominciare da coloro che hanno dovuto guadare l’esodo Fornero (alcuni sono ancora lì impantanati e non vorrei che una volta in pensione fossero anche loro trattati da privilegiati), per continuare con chi ha lavorato 43 anni per la pensione, chi se la è vista de-indicizzare più volte e senza alcun nesso con come si fosse costituita, chi ne percepisce di inferiori a quanto dovrebbe.
Neppure i pensionati stanno bene oggi, con la eccezione di un po’ di ex grandi burocrati e qualche categoria simile, anche la maggior parte di loro vorrebbe cambiamenti e da un riorientamento della società verso criteri maggiormente meritocratici e meno redistributivi a pioggia o secondo clientele e lobby, anche i pensionati avrebbero benefici, derivanti dalla sua maggiore stabilità oltre che dall’esplicito riconoscimento che la pensione nel corretto ammontare, qualsiasi esso sia, è la restituzione di un prestito e che quindi non verrà aggredita. A una proposta di cambiamento ponderata, senza aggressioni, ragionevole e ben chiara, i pensionati aderiranno ben volentieri anzi, la rivendicano come molti altri; Grillo sembra incapace di formularla e di dialogare e soprattutto di convincere; al contrario dell’affabulatore Renzi con il quale, nonostante il successo elettorale dato sulla fiducia, siamo per ora nella fase delle promesse (ben articolate) e tasse.